Préime che ve’ le schìure (Prima che venga il buio) di Pietro Civitareale

Nota di Maria Grazia Cabras

 

Una gioiosa adesione alla Natura, a tutto ciò che vive, pulsa e si trasforma, a testimoniare l’eterno divenire dove niente si perde, tutto ri-torna aprendo prospettive inattese, talora vertiginose.

Paesaggi di colori e fiori, splendide giornate di sole, voli e cieli azzurri nei luoghi della fanciullezza, il ricordo (umanissimo) dei propri cari, degli affetti che ci hanno abitato e segnato in modo indelebile

Percorsi e sentieri dell’esistenza, ed ecco apparire la giovane ragazza con il “vestito bianco con tante palline rosse”: una teofanìa?  Silvia, forse? o la donzelletta col suo fascio dell’erba  e

un mazzolin di rose e di viole? o invece la Primavera della vita che nutre sogni, spalanca orizzonti…

Sentimenti come la nostalgia, la malinconia o lo smarrimento emergono dai ricordi, ma l’Erebo della disperazione che cancella esuberanza e speranze non trova posto in questi versi: un indizio, un nuovo inizio si nasconde anche dietro le nubi più cupe, e la luce torna a splendere con forza

La consapevolezza della sera che ci è davanti non è mai rassegnazione, rappresenta piuttosto una sfida: accende desideri e passione, richiama voci amate, spinge a vivere i giorni nella pienezza accogliendo la realtà con fervore e stoicismo attivo

 

 

LA PREMAVERE

 

Me la recorde anchéure

quela viarelle de muntagne,

addò na vote t’ajje ’ncuntrate,

che la facce reschiarate

da ju sole che faciàive

a cucù tra i réme de le piante,

 

Purtéive nu sciucche bianche

che tante palléine rosce

i tenéive, ’mméne, nu mazze

de fiore de campagne.

Éive come la premavere

che cale da ju ciele pe’ repurtà

nu poche de contentezze

sopra ajju munne dope

le pàine de ju mmiérne.

 

I leste come la premavere

sci passate i da alléure

nen t’ajje chiù ’ncuntrate.

 

 

LA PRIMAVERA

 Lo ricordo ancora quel sentiero di montagna dove ti ho incontrata una volta con il viso illuminato dal sole che giocava a rimpiattino tra i rami degli alberi. Portavi un vestito bianco con tante palline rosse e avevi in mano un mazzo di fiori di campagna. Eri come la primavera che scende dal cielo per restituire un po’ di gioia al mondo dopo le tristezze dell’inverno. E lesta come la primavera sei passata e da allora non ti ho più incontrata.

 

Pietro Civitareale, Préime che ve’ le schìure (Prima che venga il buio), Roma, Ed. Cofine, 2019

 

 

Maria Grazia Cabras

 

 

 

Pubblicato il 3 dicembre 2019