Non ho incontrato personalmente l’Autore, ma solo attraverso le testimonianze e i ricordi di quanti l’hanno conosciuto e apprezzato sia come persona che come poeta. Queste Piccole esecuzioni – ritrovate dallo scrittore tra carte, fatture, pagelle e ricette, e da lui offerte agli amici – sono testimonianza di un labor poetico sostenuto, come lui dice “dalla passione per la parola precisa che mi ha afflitto per lungo periodo”: quel sostantivo, eventuale aggettivo e quel verbo frutto di una paziente ricerca e sostituzione, non certo solo per ossessione o semplice esercizio. Ecco l’onestà poetica, che non è affatto in contrasto con la finzione di cui parlava il poeta Pessoa.
Nel prezioso libretto (di 31 anni fa) sono offerte composizioni piccole, perché brevi, quasi tutte: anche la brevità è frutto della dedizione e del lavoro e forse dovrebbe essere una caratteristica- non certo indispensabile, ma consigliabile – della poesia. L’Autore sceglie la parola a volte per il suono, altre perché metafora, altre come adattamento di termini latini: nulla è per caso, nella sua poesia colta, raffinata, musicale e classica, cioè senza tempo e in continuum con i grandi autori dell’otto-novecento. Emerge, anche da queste poche scelte da me fatte, un poeta che sembra in dialogo, quasi osmosi, con la natura e le persone; il tempo, scandito dall’attesa e dai ricordi, fa parte del mondo e non fa paura.
Il pendolo
Nella risacca degli occhi
tremarono canneti
d’improvviso si tinsero
del battito del pendolo
nero
sulla parete delle scale.
Abbaco amaro
Ecco, la trama ordita
in antichissimi sismi
oggi dirozza.
Abbaco amaro appalesa
in luce c’avvoraggina
alberi e sole.
Nella distanza vanita
tra ombre e cose, sono
ciò che sarò e che già sono.
Flettono spasmi gli offesi
confini dell’essere
e quando l’abbaglio scompare
fuggono alzavole nella nube dello sparo.
Ricordi
M’intuo fra acacie. Annotta
per attimi tra noi distanza.
Presto parrà illusione,
grido che non si vede;
figura in sogno torna
spersa pietraia
da secoli di vento;
(anche per ciò
sorridi vagamente)
ed avrà queste sfere
polverose di sole
bosco di mia,
di tua memoria.
Amore. Un’ombra
In vespro che di sé cose colora
come per occhi amore m’indirizzi,
zittisce il mondo il cuore mi stormisce
e per poco dismemoro chi sono
finché solo ritorno,
uguale a tordo cauto
ch’elude in volo apparecchiati inganni.
S’acchiara una pausa ora
e un’ombra d’eroe riaffiora
a una riva, sonante d’asfodeli.
Ferdinando Falco, Piccole esecuzioni, in proprio, 1992
Ferdinando Falco (Caivano 1936 – Roma 8 luglio 2016) ha pubblicato le raccolte poetiche: In lode della magia, Il Messaggio, Gela 1974, foglio n. 33; Tecnica di settembre, Il Libro, Roma 1974; La bardana del Greco. XX sonetti, Barbablù, Siena 1981; L’ampiezza a dimora, Messapo, Siena 1981; Sonetti in forma di poesia, Hetea, Alatri 1989; L’ombra, Poesia in Piego, Roma 1990; Piccole esecuzioni, edizione privata, Roma 1993; Trattatello dell’anima e dell’ombra, Accipiter, Roma 2012; i romanzi: Uneide, Edizioni Cofine, Roma 2002; Agiografie profane, Accipiter, Roma 2010; Triedro, Roma 2010; Resti umani, Roma 2011; Carte a perdere. Orme, tracce e piste, Roma 2012.
Dopo la sua morte, avvenuta nel giorno del suo ottantesimo compleanno, è stata curata da Mario Melis per le Edizioni Cofine (collana “Aperilibri” n. 7, Roma 2017) Ferdinando Falco, antologia. Nel 2018 Edizioni Cofine ha pubblicato Della morte del caso del superfluo e altre poesie manoscritte, Prefazione di Paolo Memmo. Falco era anche appassionato di arte grafica: sue sono le immagine (‘Fabbrica di notte’, collage del 1989, e un ‘acquerello’ del 1988), pubblicate nella copertina di quest’ultimo libro.