Oltreverso. Il latte sulla porta di Doris Emilia Bragagnini

Nota di lettura di Anna Maria Curci

 Al tempo del “sale sparso”, nel “presente/onnipresente”, il verso oltreverso di Doris Emilia Bragagnini rivendica diritto di parola, traghetta in direzione di sponde solitarie, contrasta “clangore” e “fragore”. 
Gli ultimi cinque versi del componimento di Rilke La pantera, riportati in esergo nella splendida traduzione di Leone Traverso, non lasciano dubbi sull’impresa:

Solo, a volte, su l’arida pupilla,
tacito, un velo si solleva; e irrompe
una immagine in essa; e via balena
lungo il silenzio delle membra tese,
per smorzarsi, veloce, in fondo al cuore.

Le immagini che irrompono sfuggono a chi le vorrebbe immote. Ribellione, pesca di frodo, “lampo al volo”, provvista “per giorni muti” reprimono le urla e si esprimono con “soffiosibilo”, respiro, sussurro, incuranti di scuole e accademie, ma ben consapevoli del gelo da scontare per la diserzione. 
Ha un colore dominante la gamma cromatica del sottrarsi a “canoni e tranelli”: è il rosso, che si manifesta nella sua versione ‘classica’ e nelle varietà “scarlatto” e “purpureo”; “non l’azzurro”, dunque, di un anelito che si conosce già come impraticabile – e il “cielo di cobalto” è l’altro da sé – ma terra dell’esilio e segno del quotidiano rischiare senza rete alcuna. Non è un caso che nel componimento centrale, dichiarazione di poetica, espressione di volontà, il colore ricorra nella versione “rosso” e “scarlatto”:
In fondo al cerchio
voglio essere quell’attimo
in cui dico – sono il rosso –
in fondo al cerchio
è scarlatto che mi sale addosso
un istinto che precede
lo stupendo, inesplicato
uragano dentro agli occhi che
si specchiano a ritroso
mentre mordo questo labbro
a permettere il progetto
che – gattona – per la stanza
La voce è, allo stesso tempo e come recitano i titoli di due testi nella raccolta, “impalpabile” e “implacabile”, la pluralità è associata ai 

Presagi di lupi
Presagi di pluralità 
frammenti ossei 
conficcano tormenti
Desideri di mutazione
follia, sogno dilagante
nota dilatata di plenilunio
Infrangibile nucleo
di scissione temporale
d’irrealtà negata. Amata
* * *
Rimescolare voglia e agonia
promulgare parole
che incidono lo sterno
la forma infierire dentro
martello di pensieri
giunge al cervello
Codici infranti
bottiglie della mente riaperte
salvavita disinnescati
gemito e gocce arroventate
a serrare voleri
di molecole mutanti
Offro la gola
vedo – sollevare di denti
ringhio sfugge alla caverna
La vittoria si fa sangue
e te ne vai ignaro
con l’antico passo obliquo.
Si sottrae al ritmo altrui, l’oltreverso, ma ha un suo passo sicuro:
Il passo
Se un galoppo 
mi rosicchia il cuore
non è ferrando il passo 
che mi salvi in corsa
tutto è “compreso”
infilato all’inizio
scandito a riprese 
che vinco e che perdo
tra il male e l’agire
di questa grancassa
che ancora si osa
nel fare rumore
Rilke scriveva: “Solo, a volte…” e “a volte” capita che il passo sicuro, la voce consapevole della propria esiliata diversità, accedano alla libertà e la mostrino in una bellezza ignota ai più, “l’attigua”:
L’attigua
mi rimane a volte libera – l’attigua
per sola clemenza, indulgenza o sorpasso
che scorre, come suono di latta
bidone/rimbombo, percossa 
da quanto nemmeno fraintendo
insaputo –
non ho memoria di me, galleggia
nella mente una figura orizzontale
vedo i suoi capelli, morti
m’inabisso a testa emersa
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Doris Emilia Bragagnini, Oltreverso. Il latte sulla porta. Introduzione di Augusto Benemeglio, Zona editore, 2012
25/04/2013