Nel ventennale del Premio “Ischitella-Pietro Giannone” un omaggio al primo vincitore Giovanni Nadiani

Recensione e scelta di poesie di Maurizio Rossi

 

Nell’anno un cui si celebra il ventennale del Premio “Ischitella Pietro Giannone” dei dialetti d’Italia, mi piace riproporre “Eternit”, la raccolta del vincitore della prima edizione, Giovanni Nadiani, scomparso nel 2016.

“Eternit” richiama alla mente quel materiale composto di cemento e amianto che veniva usato per coperture, rivestimenti, cassoni dell’acqua nei condomini, coibentazioni, tubature, e che nel nome contiene una assoluta sicurezza di indistruttibilità e affidabilità; ma che ha reso necessario un notevole impiego di uomini e risorse per smaltirlo, una volta appurata la sua pericolosità per la salute delle persone.

Ecco una possibile chiave di lettura della poesia dell’Autore, che emerge da ambienti e stati d’animo cristallizzati – e quindi “normali” – ma dannosi tanto quanto l’amianto e dei quali non è facile liberarsi: “…mosch a la pastura/ de’ nöst’ sudor impiê ’t al ciacar/ senza fil ’tânt ch’a sintê s-ciaflês/ e’ merz dj ultum figh dnenz a l’os de’ bar/ e sbrislês par tëra a la mòta/ cun ’na böta sorda/ e’ crucifes d’ceramica…” Il dialetto romagnolo di Faenza, con rime interne e assonanze, descrive minuziosamente lo stato d’animo tra l’annoiato e il ribelle, a cui solo un sigaro, o la vista degli slip delle giovani donne che scendono dalle macchine, può dare la speranza di “non dover pensare d’avere la disgrazia/ di vedere un’altra guerra prima di tirare le cuoia…”

La lettura della realtà è lucida e non priva di ironia pungente a stigmatizzare le contraddizioni di un vivere borghese sopra le righe, assolutamente incosciente del cambiamento, se non quanto arriva “il calcio finale” che sia “e’ tu nes/ u s’seia cvasi imbarlé/ cs’a sràl stê a ardusal acsè?/ e i pil ch’i dà fura/ (u j gn’è nench di biench cabëla)” (il tuo naso/ che si sia quasi storto/ che cosa sarà stato a ridurlo cosi?/ e i peli che fuoriescono/( ce ne sono già dei bianchi)”; o che siano anni, mesi o giorni tutti uguali.

È altresì “teatrale” la descrizione delle condizioni del lavoro in subappalto e di drammi degli infortuni sul lavoro e Giovanni Nadiani non ha bisogno di tante parole per farci capire “(sempar tota sta freza/ nenca e’ sabat e la dmenga…/ a mezdè/ du etto d’murtadëla/ stra un panî/ la cumesa de’ Conad/ forza d’dêi la l’à capida/ la tu lèngva/… l’è stê un zigh a spachê/ l’eria tevda de’ cantir/… e ste vent chêld ch’ u s’è livê/ e’ sbat a bangera/ contra la ramê d’plastica rosa de’ cantir/ un scartoz vut de’ Conad …” La fretta del lavoro, il panino della Conad, il cartoccio vuoto della Conad che sbatte contro la transenna del cantiere: scene che si imprimono nella mente, e non solo. Stupisce anche che già da allora (primi anni duemila) Nadiani cogliesse il dramma dell’immigrazione, e sottolineasse che l’accoglienza dello straniero è possibile in particolare per lo sforzo e l’impegno di lavoratori e persone semplici (non sempliciotte) come la commessa della Conad.

Autogrill, Ipercoop, scambi di binari che rompono col loro rumore il nulla che non si muove: sembra di ascoltare Guccini o meglio ancora Luciano Ligabue, che guarda caso sono più o meno suoi conterranei.

L’Autore spalanca con naturalezza ed efficacia la quotidianità: dialoghi di incomprensione tra generazioni; il trascorrere del tempo e il tempo metereologico; il leggere contrapposto a tanto parlare nelle sale d’attesa degli ambulatori; le partite a briscola; la morte e gli anziani e le badanti polacche.

Fino a dire – ed è anche una difesa del dialetto romagnolo – : “ció burdel/ lasì ch’i fega/ ch’i s’vulta in là/ ch’i fega pu cont d’gnît/ me cvel ch’a j aveva da dì/ a gl’ò det abasta/ e s’i n’capes/ i to l’interprete” ( ciò ragazzi/ lasciate che poi facciano/ che si girino pure dall’altra parte/ che facciano finta di niente/ io quello che avevo da dire/ gliel’ho detto a sufficienza/ e se non capiscono/ prendono l’interprete).

Italian fast food

mezanöt e trì

Da Salvatore S.r.l.

di guzlon i sfa e’ bulôr d’asfelt

la margherita d’plastica ins e’ piat

di jeans stret e dal minigon

cun j urcì int e’ bigul

al s’ataca a la curdëla Vape

dla barachina d’legn ch’la sfâma al vói

un merci d’e’ pas strach a sghêr i pinsir

dentar a l’Heineken d’lata meza vuta

l’autoradio a batar i gnech dla strê

la paura di tôn int j oc vird d’rimulëta

la t’met in cros int un balen

t la nöt da i cavel ros…

(e’ piasê d’rësi stê neca te

e’ magon d’no avêl capì

al furzen e i curtèl d’plastica

ch’i vola int e’ bidon de’ rosch…

Italian fast food – Mezzanotte e trequarti / Da Salvatore S.r.l. / goccioloni disfano il bollore d’asfalto / la pizza margherita di plastica sul piatto / jeans stretti e minigonne / col piercing sull’ombelico / si incollano alla carta moschicida / del chiosco di legno che sfama le voglie / un treno merci dal passo stanco a tagliare i pensieri / immersi nell’Heineken di latta mezza vuota / l’autoradio a battere i gemiti della strada / la paura dei tuoni negli occhi verdi di lentiggini / ti mette in croce in un baleno / nella notte dai capelli rossi… // (il piacere di esserci stato pure tu / il dispiacere di non averlo capito / le forchette e i coltelli di plastica / che volano nel bidone dell’immondizia…)

scurs

cvând ’ t’am scor

t’am cônt i tu fet

acsè impurtent

pr i tu dis én

me a t’gverd

a t’fes nench int j och

mo a n’t’vegh brisa

e cun la tësta t’degh d’sé

a fegh cont d’avê capì

mo a n’t’stegh brisa a sintì da bon…

un dè

incóra prema ch’a m’n’adega

me a t’darò la vos

parché t’a m’stega a sintì

par cuntêt i mi fet

e te t’scusaré la tësta

par dì d’sé che t’è capì

t’faré cônt d’stem a sintì

par cumpatim da bon…

discorsi – quando mi parli / mi racconti i tuoi fatti / così importanti / per i tuoi dieci anni / io ti guardo / ti fisso pure negli occhi / ma non ti vedo affatto / e con la testa ti dico di sì / faccio finta di aver capito / ma non ti sto a sentire davvero…// …un giorno / ancora prima di accorgermene / ti chiamerò / perché tu mi stia a sentire / per raccontarti i miei fatti / e tu mi farai cenno con la testa / per dire che sì hai capito / farai finta di starmi a sentire / per compatirmi davvero.

Giovanni Nadiani “Eternit” Ed. Cofine, Roma, 2004

GIOVANNI NADIANI era nato nel 1954 a Cassanigo di Cotignola (Ra) ed è morto il 27 luglio del 2016. Risiedeva a Reda di Faenza. Aveva svolto attività di docenza e di ricerca presso la Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori dell’Università di Bologna sede di Forlì. Co-fondatore nel 1985 della rivista “Tratti” e nel 1998 della rivista di traduttologia InTRAlinea, aveva pubblicato le raccolte di versi: E’ sèch [la siccità, 1989]; TIR (1994); Beyond the Romagna Sky (2000); Ram: versi dalla Romagna-Italia: 1996-2005, (2005); Guardrail, (2010) – vincitore della sezione “Poesia Edita” al Premio Nazionale “Salva la tua lingua locale”; Il brusio delle cose. Sintagmi feriali in lingua bastarda, (2014). Era autore di volumi di storie e prose brevi Nonstorie (1992); Solo musica italiana (1995); Flash – Storie bastarde (2004); in collaborazione con la band di blue-jazz Faxtet e la chitarrista Ingeborg Riebesehl aveva prodotto il CD di poesia in musica Invel (In nessun luogo, 1997). Nel 1999 presso l’editore Marsilio uscì l’antologia poetica personale Feriae. Nel 2000 aveva pubblicato col titolo Sens [Senso/Sensi] 5 poemetti per l’Editore Pazzini di Rimini. Sempre col gruppo Faxtet e l’attrice Angela Pezzi aveva prodotto nel 2001 per Mobydick il CD/libro Insen… [Insieme]. Del 2002 era il monologo teatrale Förmica, dedicato all’attore Ivano Marescotti. E ancora: Spiccioli. Kurzprosa, (2009); LEARdo è RE, con Tinin Mantegazza e Giampiero Pizzol, 2017 (postuma). Era traduttore di numerose opere di poeti e narratori tedeschi e neerlandesi, per i quali gli fu conferito nel 1999 il Premio San Gerolamo dell’Associazione Italiana Interpreti e Traduttori.

Maurizio Rossi 4/7/2023