[LUGLIO 2021] Memento (dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana), di Maria Gabriella Canfarelli, poesie in lingua, Roma, Edizioni Cofine, Collana “Aperilibri”, n. 24, pp. 32, euro 7,00.
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IL LIBRO
Memento. “Ricorda!” è l’esortazione che si fa incontro a chi legge i componimenti in versi che sono nati e si sono sviluppati dalla frequentazione – meditazione, discesa in profondità, testimonianza – con le Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana. Ricordare, ricondurre al cuore vicende, destini, scelte e sorti di donne e uomini attraverso una poesia, “parola che fa accadere”, che riprende, condensa, illumina il dettato di quelle ultime missive, congedo e lascito, commiato e impegno.
«Da pochi istanti emessa la sentenza, / mi rassegno al pensiero di morire, / a consegnare al prete / la confessione sincera /di avere spezzato per sempre il filo / di speranza e paura, giorno e notte / annodato all’orecchio di un Dio / che non mi sente.»
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NEL LIBRO
(dalla prefazione di Anna Maria Curci)
(…) Ricordare, ricondurre al cuore vicende, destini, scelte e sorti di donne e uomini attraverso una poesia, “parola che fa accadere”, che riprende, condensa, illumina il dettato di quelle ultime missive, congedo e lascito, commiato e impegno: in un tale proposito scorgo l’intendimento di dare consistenza, forma compiuta e vibrante di spazi e di silenzi, al grande dimenticato dell’oggi, al senso del tragico.
Con l’espressione “senso del tragico” non alludo tanto (non soltanto, almeno) all’epilogo, all’interruzione violenta dell’esistenza terrena, che accomuna le biografie alle quali Maria Gabriella Canfarelli conferisce voce poetica, quanto piuttosto al conflitto permanente, a quella che Salvatore Natoli definisce come «contraddittorietà delle sorti umane strette tra caso (Týche) e necessità (Anánke)».
Nella visione tragica del mondo c’è uno spazio che l’umano può riempire, c’è la risposta a ciò che si manifesta come ineluttabile, e ha un nome e un’esistenza: responsabilità. Della presa in carico della responsabilità nell’esserci, per sé e per gli altri, con sé e con gli altri, riluce la poesia di Memento. Il sottotitolo Dalle lettere di condannati a morte della Resistenza italiana palesa fin dall’inizio che la prima lettura e le successive riletture di un determinato volume, proprio quello indicato nel sottotitolo, sono indubbiamente state tappe importanti nella stesura dei testi di Memento.
(…) Le [trentacinque] poesie di Memento iniziano tutte con un verso che viene trascritto in corsivo: colei o colui che ‘scrive’ richiama l’attenzione con una frase che introduce in maniera incisiva al breve monologo nel quale riferisce i fatti che hanno condotto alla sentenza, rievoca il passato comune, rivendica le proprie scelte (…)
La forma verbale prevalente è, esattamente come nel titolo, quella dell’imperativo o, in alternativa, quella del futuro con valore di esortazione («l’epitaffio per me. Farete scrivere: / Resistere è un dovere non da poco»), una “parola” (parola che si fa alleanza, patto e, ancora una volta “parola che fa accadere”) che diventi la prosecuzione di un impegno: «Comando a voi tutti prudenza, non vi fidate», insieme alle ultime volontà: «sigillatemi il cuore, / gli occhi, la bocca, le braccia conserte / nella terra di Sestola».
Un imperativo che è, insieme, consegna del testimone di una “parola che fa accadere” è nei versi di pagina 15, che non ripropongono soltanto alcuni passaggi della lettera a Settimo Costantino di Giulio Biglieri, fucilato il 5 aprile 1944 da un plotone di militi della guardia nazionale repubblicana al poligono nazionale del Martinetto di Torino, ma compiono un passo ulteriore:
Conserva invece i miei versi
non per farli stampare,
li darai a mio nipote
perché viva di me, con i libri, la parte
migliore.
Questi di Maria Gabriella Canfarelli in Memento sono versi che, insieme alla memoria, affidano a chi legge un lascito consistente e coinvolgente per l’oggi.
Non più di un giorno al mese
posso darti notizie: come sto, di cosa ho bisogno
fintanto che sono vivo.
Portami la prossima volta dei pantaloni puliti
e portami una giacca pesante,
e pane in abbondanza da dividere
coi miei compagni senza nessuno
– nemmeno una madre
cui chiedere di fare aprire i cancelli,
le porte al buon odore di casa.
***
Non avrò altri giorni
con te, non verrà il tempo per due.
Mi avresti reso felice, lo so.
Ti prego, Vittoria, resisti. Dovrai essere
forte, e non morire di dolore
per me che lascio la luce intensa, pulita
di questo mattino e la respiro a fondo
ed è l’ultima volta (non potrò più
stringerti, mai più la bocca coprire di baci).
***
Abbiamo pochi minuti
sarò il primo a passare la porta.
Madre, prega per me se credi
possa fare la fede del bene
al tuo dolore.
Amici, compagni di lotta
venite a prendermi: troverete
il mio corpo dove l’hanno lasciato
– di qua dal ponte, nei pressi
della scuola cantoniera.
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L’AUTRICE
Maria Gabriella Canfarelli (Catania, 1954) ha pubblicato i libri di poesia Battesimo di pioggia (1986); Domicilio (1999); Cattiva educazione (2002); Zona di ascolto ( 2005), primo premio “Renato Giorgi”; nel 2010 L’erborista; nel 2015 Dichiarazione giurata dell’attrice e nel 2019 Provi di lingua matri, in lingua siciliana, finalista al Premio Città di Marineo 2020. Sue poesie sono nelle antologie: Ditelo con i fiori – poeti e poesie nei giardini dell’anima, a cura di V. Guarracino (2004); La battana n.184 (Femminino profondo alle pendici dell’Etna, a cura di Laura Marchig); Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n.1 (Quaderno n. 4: Sicilia, a cura di Giuseppe Condorelli, 2013); Ambrosia (2015); Umana, troppo umana (a cura di Fabrizio Cavallaro e Alessandro Fo, 2016).
Collabora alla rivista di Letteratura e Ricerca “La Terrazza” (Ed. Novecento) e alla rivista “Periferie” (Ed. Cofine).