[MARZO 2021] Luce che i cieli svelano, di Claudio Porena, Roma, Edizioni Cofine, 2021, sonetti in lingua e in dialetto romanesco, pp. 128, euro 14,00
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Con Luce che i cieli svelano, Claudio Porena conclude la trilogia iniziata con Il giorno che non sai (228 pp., 2020, anche in e-book) e proseguita con Il silenzioso nostro andar a piedi (pp. 64, gennaio 2021).
Questa terza raccolta riveste un ruolo di monito e denuncia, volti a stimolare in ognuno un esame, un risveglio, un ravvedimento, un urgente cambio di rotta. Sonetti tra lingua e dialetto che scagliano frecce e segnali di svolta, alle soglie di un tempo ipercaotico in cui la matura coscienza del fatto che siamo parte di un cosmo divino è viepiù di vitale importanza.
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L’AUTORE
CLAUDIO PORENA, nato a Roma nel 1974, dottore di ricerca in Storia della lingua italiana, diplomato in chitarra classica, esercita l’insegnamento di questo strumento musicale e ha diverse pubblicazioni all’attivo come linguista e poeta.
Con Terre Sommerse ha pubblicato Dar trapezzio vocalico er sonetto. Manuale di linguistica romanesca, retorica e metrica con sonetti scelti, Roma, 2010; La vena impigliata. Sonetti italiani scelti, Roma, 2011. Con la Kollesis editrice: Un chiodo ar muro. Terzine poreniane prime, Roma, 2011; Giubba… de pelle. Terzine poreniane seconde, Roma, 2011; Verso una stella. Sonetti e terzine poreniane in lingua, Roma, 2011; Lunatica. Sonetti romaneschi, Roma, 2011; Er muraletto de la Muratella. Poemetti, Roma, 2011; Roma se fa bella. Poesie d’autori vari, Roma, 2012. Con ChiPiùNeArt Edizioni – Accademia Romanesca, A nò, come se scrive? Grammatica insolita del romanesco attuale, in collaborazione con Maurizio Marcelli, a cura di Lamberto Picconi, illustrazioni di Clotilde Matera, prefazione di Lazzaro Rino Caputo, nota di Roberto Vacca, saluto di Sabrina Ferilli, Roma, 2020.
Con Edizioni Cofine, la monografia Unità e varietà linguistica nella moderna poesia dialettale della provincia di Roma (tesi di PhD), Roma, 2015, e il volume di poesie Il giorno che non sai, Roma, 2020.
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NEL LIBRO
[…]
È colpa mia se vengo emarginato?
È colpa mia l’infamia ed il dileggio
soltanto perché affermo l’enunciato:
“Il Cristo sta tornando sul Suo seggio”?
Sarebbe stato invece un mio peccato
aver taciuto, e avrei peccato peggio
se fossi stato io ad aver tacciato
di falsità la verità che inneggio.
E invece sono fiero e sono lieto
di esporla e sostenerla con coraggio
e di tirarla fuori dal segreto.
Mi può costare derisione e oltraggio.
Ma non per questo ottempero al divieto
di emetterne e diffonderne il messaggio.
[…]
(A Egidio)
Scegliendo sulla ripa gli “spruigli”
di un secolo “a pasciona” come questo,
sento che per lottare in modo onesto
fuorché quelli del cielo non ho artigli.
Iddio fa sì che l’uomo rassomigli
agli angeli di un Regno a tutto sesto,
in ogni scelta, riflessione e gesto
che stiamo per lasciare ai nostri figli.
È tempo di svegliarci ad ogni costo
da tante amenità, da tanti abbagli,
e rigettare il male che c’è imposto.
Ma l’uomo scuote ancora i suoi sonagli,
sputa veleno, sibila nascosto
nell’omertà dei suoi riottosi sbagli.
(spruigli: prugnolo selvatico; a pasciona: abbondante, fertile –qui anche in senso ironico.)
[…]
Quaggiù nun pòi parlà: si parli tanto
hai detto tutto e nun hai detto gnente,
perché nissun cristiano, losco o santo,
potrà dà retta a quello che nun sente.
E chi ce vò sentì penzi si quanto
meschina e quanto ipocrita è ’sta gente,
e quanto io più parlo e più me spianto,
più studio e più me sento deficènte.
Stavorta, io, lo sai come me sento?
Come chi strilla a vòto su un gargante
o chi sputacchia e piscia contro vento.
Pòi esse Gesucristo, Gandhi o Dante:
si parli contro un muro de cemento
sò vane pure le parole sante!
(gargante: gradasso, prepotente)
[…]
L’amore nun è solo baci e sesso:
l’amore è tutto, e’ resto sò pitture,
sò fiocchi che in quer sito Iddio cià messo
pe fà fijà li fiji a le creature.
Ma ce se mòre per avé in possesso
un corpo pieno zeppo de lordure,
’na carne che pò esse bona adesso,
ma poi s’invecchia, e ciabbandona pure.
Quello che se conzerva passo passo
è ’st’energia de luce che ner còre
me dura in sempiterno e nu’ la lasso.
Un’energia de luce è un friccicore
che dice a quer monzù de Satanasso:
l’amore nun è amore senza Amore.
(nu’ la lasso: non la lascio; monzù –deform. di monsieur: signore –detto con ironia.)
[…]
Er sòrdo de lo Stato mo è privato:
er copyright è più che sufficènte
a fà dell’italiano buggerato
un popolo sovrano d’un ber gnente.
E più ’gnorante è l’omo più lo Stato
ce sugherà dar còre e da la mente
un sangue rosso, fresco e sprofumato,
e più farà er padrone de noi gente.
E intanto ce prepara un lecca-lecca
ar gusto de Belenne e ’na supposta
ar gusto de banana in gratta-checca.
E ’sto scherzetto qua caro ce costa!
La Zecca era lo Stato: mo la zecca
sò fiji de mignatta nati apposta.
[…]
Chi dice: “Io sò ricco, io sò forte,
m’abbasto da me stesso”, è un infelice,
un poveraccio che ciavrà pe sorte
er peggio tatanai che je s’addice.
Iddio condanna a la “seconda morte”
quer poro miserabbile che dice
“Nun me ne frega un’acca”. E quante vorte
dovrà strappà l’ignavia a la radice!
Scejéte er bene in tutte quele scerte
che ve trovate a fà come a Lui piace!
Iddio ve lo scongiura, Iddio v’avverte
che si nu’ Je dai retta c’è la brace.
Pregate Iddio, pregate a braccia aperte!
E fate frutti co giustizzia e pace!
(mignatta: sanguisuga –bisticcio con mignotta ‘prostituta’–)