Lo sguardo empatico. “Sence presse/Senza fretta” di Nelvia Di Monte

Nota di Maria Grazia Cabras

 

Per provare empatia nei confronti delle persone, delle creature viventi e dei luoghi, riconoscendone il valore e la polimorfa ricchezza all’interno delle nostre relazioni, è necessario predisporsi all’attenzione e all’ascolto, consapevoli che l’empatia esige un andare (e sostare) nella lentezza. Il titolo Sence presse (Senza fretta) della raccolta in lingua friulana (con autotraduzione in italiano) della poeta Nelvia Di Monte, pare suggerire questa modalità di stare e vivere nel mondo, un particolare ‘esser-ci’, quasi contraltare alle convulse attività umane connotate, oggi più che mai, da superficialità, indifferenza, alienazione.

Con questo spirito, tenendo ben stretto il filo multicolore di un “sentire” che pervade, nei suoi molti volti, le tre sezioni che compongono il libro (Tal cûr de tiare > Nel cuore della terra, Vôs tal timp > Voci nel tempo, Sence… > Senza…), mi accingo ad attraversare un arcipelago rigoglioso di lemmi, immagini e incanti sonori, a costituire uno spazio e un tempo aperti innanzitutto alla risonanza del lettore/lettrice che, nel suo personale itinerario, può riscoprire sentieri emozionali profondi, capaci di rimembrare un respiro perduto, il ricordo di persone amate/ incontrate, il movimento prezioso di una nuvola, la fascinazione subitanea di un luogo, i problemi e la sofferenza del mondo.

Dal candore dell’infanzia – il bianco della quarta di copertina – ci afferrano lettere azzurre, alfabeto di mari e cieli, luoghi dell’anima che parlano, rammemorano: “Mi piaceva guardare il cielo, da bambina,/ anche adesso, ma non riesco a trasformare / una nuvola in elefante o balena […] // Guarda meglio, senza fretta, né domande,/ nessun pensiero o rancore: un’anima / in pace ci vuole per creare una vita / che – lentamente – si forma, muta e scompare”. E l’infanzia che nutre, palpitante di libertà riappare, cova nelle stanze della memoria insieme all’estate e al ricordo deldiscorrere in segreto” con il genitore scomparso così che “tutto / diventa più limpido e più vicino”. La vita fiorisce incontenibile nella sua pienezza: viaggi geografici, viaggi interiori e immersioni nella Natura, luoghi di incontro e condivisione venati, magari, dal rammarico per un “sentiero non imboccato”, dalla nostalgia per quella intima serenità perduta, e anche dall’inquietudine per una città lontana che ha patito la guerra: Ha suoni ogni paese attraversato e / persone giunte vicino, da amiche,/ e rimaste in noi anche quando / le credevamo perdute […] E noi, in quanti cuori siamo rimasti?/ In quali ricordi risuona la nostra voce?”.

Nel percorso di lettura mi sono lasciata sorprendere dalla viva, toccante intensità dei testi, immersi nell’esistente ma anche nella baluginante inesplicabilità di un “oltre”. Con passione ne ho percepito la radice profonda, seguendo le tracce, i suoni delle lingue, i colori. Una lettura intuitiva, emozionale, animata unicamente dal desiderio di mettere in luce (seppure in maniera parziale) la polifonia iridescente dei versi come fossero perle. Senza fretta ritorno a quel cielo azzurro da cui ero partita, azzurro d’infanzia che trascolora nella tonalità “celeste” dell’età adulta, tempo costellato di interrogativi, rimembranze, paure, sgomento, affetti, riflessioni, nostalgia. E dal desiderio, umanissimo, di sentirsi creatura tra le creature in una natura che salva: Stâ chi, in pâs, intant che il vint al passe, / il cjâf pojât a l’ombre di une niule / ch’e va cirint il sô mâr – e no vê plui / pore a bevi la lûs  ad ôr dal vueit  (Restare qui, in pace, mentre il vento passa, / la testa adagiata all’ombra di una nuvola / che va cercando il suo mare – e non avere più / paura a bere la luce in bilico sul vuoto).

 

Nelvia Di Monte, Sence presse/Senza fretta, Cofine, Roma 2022, pp. 72, e. 12

 

 

Maria Grazia Cabras