La congiura degli Olderichi

di Fiorella Borin

(luglio 2007)La congiura degli Olderichi, di Fiorella Borin,
Premio Città di Vico del Gargano 2007, Edizioni Cofine, Roma, pp. 32, euro 5,00

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La congiura degli Olderichi della scrittrice veneziana Fiorella Borin, non nuova alla narrazione ambientata nel suggestivo scenario storico della Repubblica Serenissima, ha tutte le caratteristiche di un romanzo breve: la scelta del soggetto – una sorta di romanzo giallo giudiziario di ambientazione storica e con complicazione sentimentale –  l’articolazione della trama e la caratterizzazione dei personaggi potrebbero persino sostenere un vero e proprio sviluppo romanzesco e, tuttavia, anche nella più corta misura del racconto la storia non perde la sua compiutezza e il suo perfetto meccanismo narrativo. La storia del finto sacerdote don Giovanni, retto e scrupoloso nel suo ufficio, quanto tormentato e piegato dal suo passato, viene progressivamente disvelata dinanzi ai tre inquisitori, ma lo scioglimento della verità non coincide con il riscatto dell’innocente: la fosca tragedia sentimentale è assicurata e lo stile è sempre adeguato al racconto.

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L’AUTORE                              

Nata a Venezia nel 1955, laureata in psicologia, Fiorella Borin si è dedicata per un breve periodo all’insegnamento negli istituti superiori.
Ha collaborato con numerose riviste letterarie e maturato esperienze in seno a piccole case editrici.
Ha pubblicato il romanzo breve Le putine del canal Gorzone (Montedit, 2002), la raccolta di racconti La Signora del Tempio Nascosto (Airplane, 2003), il racconto storico-fantastico Il bosco dell’unicorno (Tabula Fati, 2004), e i tre

brevi romanzi storici Mir i dobro (Montedit, 2005), La sciarpa azzurra (Era Nuova, 2005) e Il pittore merdazzèr (Tabula Fati, 2007), ambientati nella Venezia del XVI secolo.
È in corso di pubblicazione il romanzo Lo scrivano.
Oltre duecento suoi piccoli lavori di narrativa e poesia sono comparsi su antologie e riviste letterarie.

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DAL LIBRO                                                     

Don Giovanni uscì stravolto dal confessionale. Cercò, tra la piccola folla di fedeli che si incamminava verso l’uscita, la donna anziana che gli aveva fatto quella tremenda rivelazione. Riuscì a individuarla, infine: una figuretta curva, coperta di stracci, che si appoggiava al bastone, ma procedeva speditamente, come se la fretta di allontanarsi dalla chiesa di san Trovaso le avesse messo le ali ai piedi. Don Giovanni si asciugò il sudore che gli colava sulla fronte. Provò qualche passo di corsa per raggiungere l’accattona, ma le caviglie gli cedettero e si trovò, suo malgrado, in ginocchio. Nessuno fece il gesto di aiutarlo a rialzarsi. Allora si prosternò al suolo e, solo quando nella chiesa non risuonò più alcun rumore, barcollando, si rimise in piedi. Don Giovanni non era vecchio, poteva avere fra i quaranta e i quarantacinque anni, ma in quel momento il suo viso aveva assunto il colore terreo dei moribondi. Tornò a sedersi nel confessionale e chiuse gli occhi, angosciato dal ricordo di quanto aveva ascoltato dalla mendicante.

Doveva prendere una decisione. Non poteva violare il segreto del sacramento, ma nemmeno poteva rimanere lì, inerte, a sentire il sangue rombargli nelle orecchie. Finalmente si alzò. Passò, lungo, allampanato, lo sguardo perso nel nulla, le labbra sbiancate, davanti al sacrestano, e si chiuse a chiave nella canonica. Sospirò mentre spianava il foglio sul tavolo, sospirò ancora mentre rimestava con la penna d’oca nella boccetta d’inchiostro, per ridargli la giusta fluidità. Invocò su di sé la protezione e il perdono del Buon Pastore e cominciò a scrivere.

Illustrissimi Magistrati della Serenissima che, illuminati dall’Onnipotente Signor Dio Nostro, vegliate su tutti noi, vostri sudditi e servi, e saggiamente amministrate la giustizia comminando le pene (…)

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IL LIBRO è stato presentato a Vico del Gargano il 26 agosto 2007 (foto 4) >>>