Figura di rilievo nel campo della letteratura italoamericana, Joseph Tusiani emigrò da San Marco in Lamis, un paese povero del Gargano, nel 1947, divenne docente di letteratura italiana in università di New York, poeta in lingua inglese riconosciuto nel 1956, traduttore di una enorme mole di poesia italiana in versi inglesi, poeta in latino, autore in quattro lingue (inglese, italiano, latino, dialetto garganico).
An outstanding Italian American author, Joseph Tusiani was born into a poor, one-parent family at San Marco in Lamis, on the Gargano Mount, Italy, which he left after graduating in Italian Literature from the University of Naples in 1947. In New York, where he met his father, he became a university teacher of literature, an acknowledged English poet and renowned translator of Italian poetry into English Verse. He is also a well-known Latin poet, and the author of a three-volume autobiograhy in Italian, and of ten volumes of poetry in his native dialect. He lives in Manhattan.
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Le poesie di Joseph Tusiani
1
Enmeshed in mist, an alpine peak expects
sunrise and song. What is a summit, then,
‘til rays and rhythm liven it afresh?
Longing for valleys where the streaming light
already brightens buds and tickles birds;
longing for the arcane, new happiness
of music heard and limpidness beheld.
But, mantled yet in night, the lonesome peak
cannot remember all it does possess –
a regal robe to wear, made of entrancing
rubies and pearls and gold (oh, bold, enfolding
prancing of lively hours) and so forgets
the only reason for its blissful height,
the ultimate enchantment of its life.
1997
da Ghirlanda per Manhattan – 1. – Irretito di nebbia, un picco alpestre / aspetta il sole e il canto. Cos’è, dunque, / una vetta senza ritmo né luce? / Desiderio di valle dove il raggio / irradia gemme e vèllica gli uccelli, / desiderio di gioia arcana e nuova / a una musica o alla limpidità. / Ma solingo ed avvolto nella notte, / il picco è immemore di ciò che ha – / una veste regale di abbaglianti / rubini e perle e oro (oh, avvolgente / danza di vive ore) e perciò scorda / della sua altitudine beata / l’incanto primo e la ragione estrema. (Trad. C. Siani)
La poesia è ora in In quattro lingue, a c. d. Cosma Siani, Cofine, Roma, 2001
Tasso, Il mondo creato
Invisibile ancor la nuda terra / Era dianzi creata, e non adorna, / Quasi novo teatro, e voti i seggi / In cui non sia chi miri, oppur contenda: / Che nati ancora i miseri mortali / Non erano a vederla; e vasta ed erma / Solitudine inculta i campi e i monti / Empiea d’orrore, e le deserte arene. / Non spiegavano ancor l’ombrosa chioma / Gli alberi eccelsi, e di lor fronde e d’ombra / Non facean vaga scena a’ verdi colli. / Non fiorivano ancor rose e ligustri, / E i giacinti, e i narcisi, e gli altri fiori, / Né dipingeano il seno a’ prati erbosi, / Né fean lieta ghirlanda a’ chiari fonti.
(….)
Tasso, Creation of the World
The naked earth was still invisible
and with no ornament when it was made,
like a new theater with empty seats
and with no actors and no audience,
for there were no sad mortals on it yet,
to watch it. An enormous solitude
filled every mountain, every unsown field
with horror, and with fear all barren sands.
No lofty tree displayed its shady locks,
making a festive landscape of green hills
with both its leaves and shade. No roses yet,
no privets, no narcissi as yet bloomed,
no hyacinths, no buds of any kind;
nor was the meadow’s heart happily hued
or the clear fountain gladly garlanded.
(…)
O Maledictio! Me facis istos scandere versus
Dum cupidi in terra mortales mente revolvunt
Non coeli sed amati auri commercia cuncta.
O, maledictus sum, si solus in urbe tremenda
Oblivisci omnes non possum qui sine pane
Ac sine tecto acris transcurrunt tempora noctis
In triviis, umbrae cum umbris. Ecce aurifera ora
Quae ad lunam misit fulgente satellite nautas
Ast hanc pauperiem funestam extinguere nescit.
Musa, mihi dicta nova et ebria carmina amoris
Ne tantos memorem squalores… aut, mihi crede,
Crastina me inveniet vecordem Aurora serena.
1986 (da Carmina latina)
Notte americana – O Maledizione! / mi fai scandire questi versi, / mentre in terra cupidi mortali / pensano solo ad ogni genere / di commerci non di cielo, / ma di amato oro. / Oh, sono io maledetto, se io solo / in questa città tremenda / non posso dimenticare / quanti senza pace e senza casa / trascorrono il tempo della triste notte / nei trivi, ombre tra le ombre. / Ecco la terra dorata / che inviò nauti alla luna / con una nave fulgente, / non sa distruggere / questa funesta miseria. / Musa, dettami / nuovi ed ebbri carmi d’amore, / perché io più non ricordi tanto squallore… / oppure, credimi, / domani l’aurora serena / mi troverà folle. (Trad. E. Bandiera)