di Rino Caputo
Il centenario, di un uomo come di un evento, è sempre qualcosa di importante. Sarà la cifra tonda, altamente simbolica per noi, soprattutto da quando abbiamo compreso l’importanza dello zero; oppure risalterà la considerazione di una scadenza eccellente, dato che per noi il numero 100 è oggi, fino a nuovo parere, la meta della durata biologica dell’individuo.
È anche per queste deduzioni che è giusto celebrare la ricorrenza centenaria di due grandi personalità come Joseph Tusiani e Dante Della Terza, nati nello stesso anno 1924, il primo il 14 gennaio, il secondo nel fatidico (per Napoleone, Manzoni, e un po’ anche per noi) 5 maggio!
Jospeh Tusiani se ne è andato, a 96 anni, in un giorno di aprile del 2020 e, sempre in aprile, ma nell’altrettanto fatidico giorno 6 (il “dì sexto d’aprile” per Laura, Petrarca e un po’ anche per noi), un anno dopo, nel 2021, Dante Della Terza.
Siamo di fronte a due nonagenari che hanno tanto in comune, sia in apparenza sia, soprattutto, in sostanza.
La comunanza superficiale ovvero immediatamente riscontrabile all’evidenza, è che si tratta di due ‘americani’. Intanto va precisato: ‘nordamericani’, statunitensi: ricordo le facce inquiete e pur rispettosamente silenti degli studenti e docenti canadesi dell’Università Mc Gill di Montréal, quando io li apostrofavo con “Voi Americani”….: “no, Professore, ci permetta, noi non siamo Americani, siamo Canadesi…”.
Un’altra apparente somiglianza risiede nella comune attività accademica universitaria. Ma mentre Tusiani, giovane laureato italiano, si è fatto faticosamente strada nei colleges newyorkesi, a metà tra il nostro liceo e i primi anni della nostra università, Dante Della Terza è arrivato in Nordamerica, chiamato a insegnare,lui ‘normalista’ italiano allievo di Luigi Russo a Pisa, in una sorta di crescente affermazione ‘coast to coast’, in California e poi nella prestigiosissima Harvard, dove ha altresì retto per lunghi anni la direzione dell’importante Dipartimento di Romance Languages, il centro di diffusione della cultura europea oltreoceano nonché la fucina di tanti grandi maestri di lingua e letteratura italiana degli atenei pubblici e privati degli States.
Tusiani intende il magistero accademico come trasferimento didattico delle sue elaborazioni artistiche, prima ancora che scientifico-accademiche; Della Terza, cui non si possono attribuire esperimenti creativi, ha piuttosto ritenuto il suo lavoro di intellettuale accademico come il legame costante e profondo tra Italia, Europa, Nordamerica e, perciò, sempre più Mondo. E “italianista dei due mondi” fu soprannominato, stante la sua ininterrotta mobilità di qua e di là dell’Atlantico.
Tusiani è docente ‘stabile’ a New York, mentre Della Terza è studioso mobile nella rete accademica internazionale.
Sicché è bene notare, in definitiva, che Tusiani diventa a New York poeta in quattro lingue e Della Terza diventa a Harvard lo studioso più rappresentativo in sede storiografica e critico-letteraria della tradizione illustre della letteratura italiana, da Dante, per Machiavelli e Tasso, fino a De Sanctis e poi fino al Novecento primo e secondo.
Mentre Della Terza commenta i nostri classici per gli ‘Americani’’, Tusiani li traduce e, poi, li ri-crea nella sua attività poetica, usando il dialetto di San Marco in Lamis, il latino liceale, l’italiano colto e l’inglese forbito.
Si potrebbero menzionare altre più e meno consistenti diversità, anche sul piano strettamente biografico, oltre che intellettuale: ad es. Dante Della Terza ha formato una famiglia ‘nordamericana’ e, a suo modo, italoamericana; Tusiani invece ha condotto una vita sostanzialmente di ‘clericus’, cui però vanno riconosciute ben documentate accensioni sentimentali oltre che spirituali.
E, allora, che cosa accomuna veramente due vite (quasi) centenarie che, altrimenti, sarebbero simili a tanti protagonisti nei decenni e, ormai, nei due ultimi secoli trascorsi, dell’emigrazione meridionale e della diaspora intellettuale?
Al di là, ripeto, di ogni diversità registrabile, ambedue i Nostri hanno subito la condizione contraddittoria dello ’spatriato’. Si tratta di quella sensazione, che coesiste con il trasferimento di sede di vita, in cui non si è mai veramente dove si sta. “Coelum non animum mutant, qui trans mare currunt”, dicevano i poeti tanto amati e tradotti da Jospeh Tusiani e studiati da Dante Della Terza: chi viaggia, per qualsiasi motivo ma, in particolare, per pur variegata necessità, pensa sempre al luogo natio e, anche quando la vita si realizza altrove prodiga di affermazioni lusinghiere, la frustrazione disforica permane.
Se, però, tutto non rimane nella disperante tristezza, ecco dove e perché nasce la Poesia.
Tusiani scrive nelle sue lingue poetiche ma, in particolare, nel sanmmarchese, a/da New York. E Dante della Terza rielabora la vicenda biografica e intellettuale di Francesco De Sanctis, a/da Harvard, in Cambridge, Massachusetts, ripercorrendo luoghi e nomi e contatti del suo conterraneo irpino, nato a Morra, oggi, appunto, Morra De Sanctis, a pochi chilometri da Torella dei Lombardi, paese natio di Dante, mentre contrada degli affetti e delle prime esperienze sarà Sant’Angelo dei Lombardi.
Non dissimile è l’esito poietico di un altro Poeta, ‘spatriato’ in terre più vicine, il Piemonte, e tuttavia capace di ri-creare a/da Torino il suo ‘Paese’; come Vincenzo Luciani, già nella sua opera prima significativamente intitolata “Il Paese e Torino”.
Ma si potrebbero aggiungere altri esempi decisivi, persuasivi e brillanti. Uno per tutti: Giovanni Verga che (spatriato) a /da Milano scrive i “Malavoglia”, raccontando in italiano e in lingua la storia della sua terra e dei suoi disforici compaesani ‘vinti’.
Tusiani, Della Terza, Luciani. Non a caso e non indebite mi sono venute le associazioni emozionali e mentali relative a questi tre personaggi.
Luciani, poeta e giornalista-editore, è da considerare il vero e proprio ‘corpo catalitico’ che permette il coagulo storico-intellettuale e artistico-culturale dei due ‘spatriati americani’, tutti e tre, peraltro, accomunati dal Gargano, terra isolata e, insieme, capace di intrecci.
È stato così che i due garganici Luciani e Tusiani si sono incontrati tra loro e con l’adiacente irpino Della Terza, grazie anche a altri mallevadori, garganici e non, intorno all’esperienza, per molti versi tutta ancora da valorizzare, del Premio Nazionale di Poesia nei Dialetti d’Italia Ischitella-Pietro Giannone.
È Luciani che, insieme a altri, provvede a organizzare la ‘celebrazione’ di Tusiani in Campidoglio, a Roma, nel 2004, con ulteriore momento di interazione con Della Terza nell’Università di Roma Tor Vergata. E si può dire che, anche grazie a questo momento garganico, plurivellare per origini e per scelte artistiche, i due nonagenari abbiano proficuamente interagito e collaborato. Dante Della Terza, da parte sua, ha presieduto autorevolmente e sagacemente la Giuria del Premio fino a qualche anno fa, quando l’età avanzata lo ha fatto partire definitivamente dalla penisola verso il porto familiare di Arlington, sempre vicino a Harvard, dove, praticamente, è spirato, forse dolcemente.
Il Gargano, terra di incontri e di intrecci, che sa lenire ogni spatriamento con la forza irresistibile della Poesia e della Letteratura. Della Cultura dell’Umanità. Dell’Umanità della Cultura.