L’orlo (CFR Edizioni, Sondrio, 2014, euro 10) di Manuel Cohen, saggista e critico, è la sua quarta silloge dopo Altrove nel folto (1990), Cartoline di marca (2010) e Winterreise. La traversata occidentale (2012). Risultata prima classificata alla quarta edizione del Premio Lorenzo Milani del 2013, L’Orlo in parte è una “rielaborazione di poesie già pubblicate ma comunque sistemate in una nuova struttura significante” e con essa Cohen festeggia (sentiti auguri!) il traguardo dei trent’anni di scrittura.
Nella Nota dell’Autore dalla quale prenderemo le mosse per introdurci nella raccolta, colpisce, dopo quello ad amici critici e poeti, il ringraziamento esteso a “i neo-dialettali tutti”, solo a un primo impatto sorprendente, non per chi conosce come noi, il suo impegno di lettura e di critica puntuale degli stessi.
Sempre nella Nota, sintetica e densa di “dritte” per il lettore attento, Cohen ci informa che “il nucleo germinale di questo libretto ha visto la luce in treno. Nasce dallo sguardo e dal riguardo del paesaggio naturale, urbano e umano. La strumentazione letteraria è rimasta nel cassetto; quanto accade nella realtà circostante non richiede reticenza, circospezione, bensì violazione, effrazione, eversione; una sintassi altra, piegata alla china o ritmo della parabola di civiltà e politica”.
Manuel, apprezzato dai più come critico “sottile”, in questa autodefinizione della sua poetica conferma, per usare le parole del suo editore-poeta Gianmario Lucini, “sul versante artistico la competenza che egli dimostra sul versante critico”.
Lucini, nella sua puntuale Prefazione sintetizza (argomentando) la poetica di Cohen in questi “parole e concetti-chiave: tradizione/innovazione, attualità/pòlis, ironia satirica/elegia, forma/contenuti”.
Lucini afferma anche (e di nuovo concordo) che “la sua ricerca formale, a differenza del suo pensiero poetico, è caratterizzata da una reazione e non da una innovazione o meglio, da una reazione al verso sciatto, pieno di buone intenzioni e dal contenuto denso di ‘pensieri nobili’ ma desolatamente banale sul piano espressivo. (…) La poesia di Cohen è molto attenta alla storia e alla cronaca. In Winterreise questo aspetto era evidente, ma ne L’orlo non lo è da meno. Anche nelle poesie più sentite sul piano personale (come “la suicidata”, “l’assassinata”, “Ospedale pediatrico Bambin Gesù”e altre) , dove la politica o i grandi ideali collettivi c’entrano poco, la poesia di Cohen è sempre civile”. Questa poesia civile sfocia spesso nella satira, affatto gratuita o scontata, ma (ancora con Lucini) “sottile, perfida, insinuante, ma capace di mescolarsi abilmente all’elegia (…), alla perorazione”.
La poesia di Cohen è di sostanza, di contenuti, anche dove con estrema abilità egli usa un registro apparentemente disimpegnato ma sempre teso al dialogo con il lettore sull’attualità nella quale siamo immersi, sulla realtà che ci circonda sui luoghi, sull’ambiente, sulle città, sugli amici critici e poeti dei quali disvela sorprendenti aspetti e circostanze.
Il libro è ben strutturato (Cohen, da valente critico qual è, sa confezionare le sue opere) in 4 sezioni.
La prima (dopo la dedica del libro a due grandi della sua regione (Paolo Volponi e Franco Scataglini “nel ventennale della loro morte e della loro scomparsa editoriale”, di cui scetticamente, visti i mediocri tempi attuali, auspica una riproposizione), senza titolo, si articola in 9 quadri tratti dall’attualità presente e passata, preceduti da una poesia, molto risentita, ritmata e vibrante, per ricordare e non obliterare la “strage di via d’Amelio, 19.07.1992”: che ora d’incerta luce ci fu data / che ora – tra giorno e sera – dibattuta / attende la nostra vita ricolma / ora che entra, che sparisce senz’orma / o vago indizio ormai, ora che deflagra / bomba a bomba la città, la vita agra / a palermo – come a roma – s’impiomba / cede il campo – paga il dazio – s’inombra.
Seguono poesie in cui, come sottolinea l’esergo: (c’è sempre una storia minore / destinata ai fondi ai fondali / alle muffe di archivi catastali / ai silenzi abissali di chi muore). Degna di nota “la devastata” poesia che prende spunto da un viaggio, manco a dirlo in treno, a bordo di un Intercity Littorina “qualcosa del vecchio mondomotorio (…) sulla tratta Potenza-Napoli-Roma”, in direzione di Bella Muro dove è atteso dal poeta lucano Salvatore Pagliuca, tra campi non più arati / finite le fatiche le sementi / archeologici siti ammantati / per mancanza di finanziamenti / 10 sindaci commissariati / per illeciti accaparramenti / ma questo dal treno non si vede vedi verdi / costoni monti aguzzi penetrando in gallerie / seriali che incidono il fiume le vallate zigzagando / scorci di pale eoliche pascoli vigneti / finché dopo l’ultimo traforo la vista si spalanca / l’orizzonte mentre il monte si allontana / ai lati ai piedi della piana ovvero vallata / ineducata colata edificata di cemento / rivoli neri discariche diossina / corsi d’acqua cementati / tralicci della luce allineati / fili tra filari fitti di frutteti / casupole campi capanni copertoni / rimesse di imprese Pezzullo-Oro-Di-Napoli / una piana invasa sterminata tra costoni / di monti a picco dirupanti ammassate / sgarrupate distese cementizie abitazioni / depositi palazzoni fabbrichette indotti installazioni / pratoni incolti coltivati capannoni (…) a destra su palazzine a 7 piani a Battipaglia / snulleggiano parabole a sinistra scheletrici / roveti canneti acacie sconce nella piana / ebolana sagome di costruzioni spettri / abusivi mai finiti grandi firme repertuali fornaci / incenerite attività inattive e inoperose di archeologia / industriale (…) e tutta questa visione disperata e disperantein prossimità di Eboli dove si è fermato Cristo ma non la devastazione ambientale, civile e morale, descritta con sdegno dal poeta mentre la corsadel treno si distende / si srotola / si scorpora / s’apre ad libitum / indefinito / indefinibile / indifendibile / continuum.
In questa sezione figurano anche “la sciagurata” dedicata alla strage di Marcinelle dell’8 agosto 1956 e “l’insanguinata” aria per la guerra dei sei giorni, “l’assassinata” e “la suicidata” tutti testi che traggono spunto sia dalla cronaca mondiale che da quella più strettamente locale come sono percepite da un cuore di poeta. Ma più di queste colpiscono il senso di spaesamento (“la spaesata”) scatenato da un trasloco (cadono nubi su questa tramatura / di svincoli rotonde raccordi / avanzano cieli su questa congerie / di semafori precedenze accordi / che non distingui, che non intendi / mentre cede la sera e la notte dilaga illimitata / tra le insegne dell’Ikea i neon / del Carrefour intermittenti) e la felice dolce “follia (“la dimorata”) con cui appende i suoi versi ai fili del bucato Jolanda Insana una poetessa che “difficilmente sarà candidata al Nobel” a differenza dell’illustre, sussiegoso e vacuo,personaggio “alla guerra del Nobel” descritto e sbeffeggiato nella poesia “l’impostata”, quasi in apertura della prima sezione.
Un altro importante esergo collegato a quello già citato premesso alla prima sezione: (c’è sempre una storia inferiore / inabissata nel male di ogni guerra / destinata a un tramonto che non muore / confinata all’intramondo della terra) apre le altre tre sezioni della raccolta: “Disperse (2002-2007)”, “Ritrovate (1984-1989), “Cartoline vecchie e nuove (1994-2014”.
Nelle “Disperse” resta impressa nella mente (in “canada”) la figura di una zia che dopo essere stata imbarcata giovanissima per l’America “nel trentanove con un carico di suore” e che dal 1944 vive a Toronto, dopo vicissitudini, nel 2000 si incontra di nuovo con le sorelle: in quattro hanno pianto abbracciate / per tre giorni senza dire parola / zia rebecca non rivedrà l’italia / ricorda le divise dei balilla / quando se la faceva addosso / per uno che in camicia nera la cercava.
In “Cartoline vecchie e nuove (1994-2014”, i cui primi sei testi sono tratti da Cartoline di marca, Marte, Colonnella (TE) 2010, ci è piaciuto rileggere quella dedicata a uno scrittore da lui prediletto (“Paolo Volponi”): quante volte, dopo cena, l’ho spiato / dai vetri della casa, in fondo al Pincio / sulle mura, da dove monti e valli / dominava. e c’era un vento gelato / furioso come pochi. e rassettava / la Giovina, impagabile, in cucina / mentre Paolo, nel tinello, armeggiava / tra tele e male. lottava. lottava. E ancor di più “Ospedale Pediatrico Bambino Gesù”, con la quale ci è gradito concludere questo invito alla lettura del bel libro di Manuel Cohen, dedicata al piccolo Francesco: “Mi darete un mondo speciale?” / chissà cosa sogni tra le luci a neon le corsie le stanze / le vetrate il pixel della play station le schermate / galattiche di window dinosauri mostri stratosferici / mondi di quark biblioteche di Harry Potter / letture da paura giallefantastiche per fuggire la realtà / chissà cosa aspetti da questa assurda civiltà – realtà / capovolta di fiume cretto o cemento di case / abitazioni strade capannoni orride installazioni / che doni vorresti per il male – alzatacce / corriere spaventi siringhe infermiere interventi flebo / borsette cateteri per il drenaggio – magari un rene / buono per crescere mangiare sperare continuare / leggere studiare sorridere vivere correre giocare.
Vincenzo Luciani
29-06-2014