Nel segno del «dilemma del prefisso», Inconcludendo, plaquette di Irene Sabetta, acquista vigore là dove la forma poetica diventa epifania di ciò che vorrei chiamare ‘la dolente indolenza della contemporaneità’. È allora che, liberandosi dai grumi e dai tic incontrollati del tributo, la forma, divenuta più sorvegliata, sa fondere, di-vertire, mescidare e fecondamente mutare di senso e funzioni fenomenologie del quotidiano e incontri letterari – anch’essi, per molti versi, parte integrante del quotidiano dell’autrice, insegnante di lingua e letteratura inglese –, tanto da giungere a creare una interessante mitopoiesi, insieme familiare e straniante. In quale tempo, su quale schermo – o schermati da che cosa – si incontrano high tech e urna greca, Facebook e John Keats, da quale sistema binario (autopoietico?) spunta, sgorga, rompe gli argini il binomio «verità-bellezza bellezza-verità»? Il riferimento all’ora del tè non è soltanto, allora, un inchino – irriverente riverenza – a Lewis Carroll, ma si avvale di una formidabile ‘addizione’ etica. Se la parola “addizione” sia da interpretare come aggiunta o se essa sia imparentata all’inglese ‘addiction’, a una qualche forma di dipendenza, resta una questione aperta, e l’uscio è lasciato socchiuso da colei che scrive. Certo è che questa ‘addizione etica’ è irrobustita dal richiamo non esplicito, ma avvertibile da chi ne voglia cogliere gli indizi, a quel passaggio di Aqualung dei Jethro Tull, che già nel 1971 denunciava la ‘dolente indolenza’ delle magre azioni civili: “salvation à la mode and a cup of tea”.
© Anna Maria Curci
ContemporaneaMente
Voce del verbo mentire.
Narciso ha ucciso il camaleonte.
Elogio al frammento lungo, lunghissimo
che almeno tenti di dire.
Discorso facebook illimitato, plurimo e connettivo
o rutto d’insieme sincopato.
Autopoiesi in un post.
Il tweet del tordo nella siepe in 140 caratteri.
Non vorrei non-essere
altamente non contemporanea
ma un po’ di differita…
Non per googlare, lo giuro,
per essere enciclopedica e on and on
ma: pensare!
RomanticaMente,
come J.K. che a 25 anni
prossimo alla morte e sommo poeta
sente la bellezza dei fiori dipinti sul soffitto e della fine.
Capacità di negarsi,
sparire senza i fifteen of fame
rinunciando alle donne e agli uomini, come il principe.
Riferirsi ad altro.
High tech for metaphysics:
schermo uguale urna greca,
verità-bellezza, bellezza-verità.
Homemade war
Ho sentito il tamburo di guerra
vibrare, all’ora del relax,
nella gomma piuma rivestita di fibre sintetiche
del bracciolo del mio divano.
Strazio senza schizzi di sangue
ma col panno antistatico
ho sfregato con mano ferma
lo schermo ultrapiatto
del televisore al plasma spento.
Esplosioni di carne e sassi,
urla di tuoni bambini
vasti campi vuoti devastati
dalla devastazione più disarmante
senza audio…
Ma il tamburo di guerra,
sordo, continuava a vibrare
nell’ovatta emostatica del mio divano,
nel pavimento di parquet sotto i miei piedi,
nel sedile reclinabile della mia auto
parcheggiata in sesta fila.
Lo sento battere negli occhi, davanti e dietro
ad occupare lo spazio esterno e quello interno.
Il tempo non avrà scampo di fronte
alla dilatazione infinita ed ingombrante.
Inconcludendo
Osservando con attenzione
il caleidoscopio sul davanzale
mi frango.
Ci sono mille e più ragioni
per essere così o così.
E altre mille per non esserlo affatto.
Dispendioso scegliere il pronome oggetto
per suffissarlo al verbo.
Non in ogni istante è possibile.
E poi c’è sempre tempo per.
Troppe, troppo poche persone
Ad ascoltarmi cantare dal palco.
E anche la scelta del femminile
o del maschile,
dell’avverbio o dell’aggettivo
non mi sembra cosa da poco.
Per non parlare delle quantità,
delle qualità, delle proprietà
e dei mutamenti fonetici.
Nella grattugia telematica
sciogliere inoltre il dilemma del prefisso:
im- in- o i-?
Liquid melancholy
Quando all’ora del tè
i fluidi convergono
nel punto ics
negandomi il facile piacere,
come droga si spande
un umore
ad acuirmi i sensi.
E tutto ha peso maggiore
…l’odore struggente dei ricordi
…la gravità subita…i morsi della fame…
Come da posizione underscore
mi confaccio alla noncuranza
e inappetente bevo
la mia dose giornaliera
di malinconia.
Incontrosensi (per strada)
Sento (odo)
nel petto rumori
di passi sordi.
Fuori a passi spenti
passi tu col tuo cane
nascosto nella tasca
e mi mordi. Che dolore
a Roma di questi tempi.
Non sento (non sento)
il battito che sbatte nel petto
il tempo. È tardi e fa freddo.
Irene Sabetta, Inconcludendo. Prefazione di Tiziana Colusso, EscaMontage 2018
Irene Sabetta vive ad Alatri dove insegna inglese al liceo. Ha pubblicato, per FrancoAngeli, un saggio all’interno del libro La mediazione scolastica. Scrive poesie e molte di esse sono presenti in antologie curate da vari editori come Perrone, Aletti, Poetikanten, Il Foglio Clandestino, Pagine. La casa editrice Lietocolle ha scelto alcune sue poesie per l’Antologia iPoet 2018 e per l’Agenda poetica Il segreto delle fragole. Suoi testi sparsi si trovano sulla rete.