Il viaggio all’indietro e in avanti, Sence presse, di Nelvia Di Monte

Recensione di Maria Gabriella Canfarelli

 

Tutte le strade sono buone per tornare al luogo da cui siamo partiti, e la   poesia è una di queste, anche se “La poesia ha solo parole per tradurre in segni questa fluida complessità della vita”, scrive Nelvia Di Monte nella pagina introduttiva a Sence presse (Senza fretta, Cofine, 2022), raccolta suddivisa in tre sezioni tematiche tra loro intersecantesi per via di rimandi tematici che saldano l’unitarietà di un dettato che ha il pregio della limpidezza e della luminosa profondità di un afflato lirico sospeso tra ricordi e riflessioni, su quanto abbiamo lasciato dietro di noi e che pure continua a esistere in “ogni alba che sospinge/ verso ore di fretta e giravolte,/ cercando nell’inverno una briciola di pace” (ogni albe ch’e sburte / viars oris di presse e girevoltis,/ cirint tal unviâr un fruçon di pâs); tempo che ci accompagna mentre noi esistiamo, siamo  “anime attorcigliate/alle cose del vivere”( animis intorteadis es robis dal vivi). Senza fretta, appunto, tutto scorre in alternanza di buio e luce, tra silenzi e parole da ascoltare nel mondo che è stato e continua a essere fatica del risorgere, del tornare alla luce. Rinascere in se stessi ogni giorno con calma, con l’utile misura per potere ascoltare il mondo e noi stessi, consapevoli che è necessario maneggiare con cura il sentimento del tempo e la non inscindibile nostalgia per l’infanzia-luogo, e insieme per la lingua di nascita. Un viaggio all’indietro e dentro squarci memoriali-uditivi che è altresì viaggio di meditazione e contemplazione, sulla e della esistenza con cui colloquiare, stabilire un rapporto dialogico Tal cûr de tiare (Nel cuore della terra) con le Vôs tal timp (Voci nel tempo).

L’andamento discorsivo dei testi originali in friulano (una lingua lasciata in un cantuccio della memoria e successivamente recuperata) e tradotti in italiano a fronte,  genera un’armonia, una quieta musicalità  avvolgente e quieta, malgrado la presenza di punti di domanda in alcuni testi, interrogativi formulati dalla ragione, dai sensi e dall’intuizione alla realtà nel suo manifestarsi temporale; punti interrogativi che Nelvia Di Monte rivolge anche a  se stessa, al suo essere nel mondo (nel cuore della terra) qui e ora,  domande la cui risposta appare sospesa, in attesa; ed è l’io interrogante a darsi una disciplina, a tentare di mettere a nudo l’inesplicabile con rigorosa auto-esortazione: “Guarda meglio, senza fretta né domande, /nessun pensiero o rancore: un’anima /in pace ci vuole per creare una vita/ che – lentamente – si forma, muta e scompare ( Cjale miôr, sence presse ni domandis,/ nissun pinsîr o marum: une anime/ in pâs e ocôr par creâ une vite/ che – a planc – si fâs, e mude e sparìs). Di Monte, dunque, legge e nutre il proprio cammino alla luce d’una pace interiore desiderata e fors’anche raggiunta anche quando la presenza in versi d’una preposizione a carattere privativo, sence (senza), che è titolo della terza sezione e metà titolo del libro. Preposizione equivalente alle parole assenza, perdita, mancanza di. Ma l’armonia, la musica direi, del viaggio di luce all’origine della vita, i versi pregni di affettività effusiva di questa raccolta indicano “un’opera poetica animata da sollecitudine, sensibilità, palpitante plurilinguismo come ponte con l’altro da sé, anche alle latitudini più distanti, attenzione operosa al bene comune” (Anna Maria Curci, in postfazione), mentre si va (dai versi dedicati alla cometa Lovejoy), “come una che cammina verso Altrove / e intanto la sua figura sosta un poco / negli occhi di chi è rimasto indietro”. Come “polvere d’argilla che rotola/nel palmo del tempo”.

 

 

Nota biobibliografica

Nata a Pampaluna (Udine, 1952), Nelvia Di Monte ha pubblicato in friulano i libri di poesia Cjanz da la Meriche (Gazebo, Firenze 1996), Ombrenis (Zone Editrice, Roma 2002), Cun pàs lizîêr (Circolo Culturale di Meduno, PN, 2005), Dismenteant ogni burlaz (Edizioni Cofine, Roma 2010), Sojârs (Biblioteca Civica di Pordenone, 2013). Poesie in italiano, oltre che in friulano, sono raccolte nella plaquette Nelle stanze del tempo (DARS, Udine 2011). La sua poesia è presente in varie opere antologiche, tra cui Dialect Poetry of Northern and Central Italy (a cura di L. Bonaffini e A. Serrao, Legas, New York 2001), Il pensiero dominante (a cura di F. Loi e D. Rondoni, Garzanti 2001), Fiorita periferia. Itinerari nella nuova poesia in friulano (a cura di G. Vit e G. Zoppelli, Campanotto, Udine 2002), Tanche giaiutis. La poesia friulana da Pasolini ai nostri giorni (a cura di A. Giacomini, Ass. Culturale Colonos, Villacaccia di Lestizza, Udine 2003), I colôrs da lis vôs (a cura di Pierluigi Cappello, Ass. Culturale Colonos, 2006), Poeti di Periferie (di Achille Serrao, Ed. Cofine 2009), Poeti delle altre lingue (di Pietro Civitareale, Ed. Cofine 2011), Poeti del Friuli tra Casarsa e Chiusaforte (a cura di Anna De Simone, Ed. Cofine 2012), Udine. Antologia dei Grandi Scrittori (a cura di Walter Tomada, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 2012), AAVV L’Italia a pezzi (Gwynplaine, Camerano 2014), Dialetto lingua della poesia (a cura di Ombretta Ciurnelli, Ed. Cofine 2015), AAVV Il fiore della poesia italiana. Tomo II: I contemporanei (puntoacapo Editrice, Pasturana AL 2016). Testi di critica letteraria sono pubblicati su Diverse lingue, Il Segnale, Lapis, Pagine, In aspre rime e altre riviste. Fa parte della redazione di Periferie.