Inerzia, parola dai molti significati, relativamente alla disciplina in cui è usata, ma sostanzialmente indice di mantenimento della propria condizione, di stato o di movimento; nel titolo della raccolta è accostata a “passo”, dunque significa un andare di necessità, se non di dovere. Trattandosi di poesia, il verseggiare è necessario, legato al trascorre quotidiano della propria vita “A volte penso:/ ho già ventisei anni.//Altri giorni:/ ho solo ventisei anni.// E dipende dai giorni/ E dipende dai sogni.” insieme alla “vitale spinta” (come in “Tormento fragile”) che altro non è che desideri, sogni, progetti.
“Il mattino per le stelle,/ la fame per le fauci,/ il passo dell’inerzia” Questi determinano ciò che siamo, o che facciamo. E il sentirsi vivi, più che esaltazione dell’io, in realtà è la coscienza di essere parte del Tutto “Sono un fiume nel mare/ il fluttuare dell’onda” Sta qui forse il senso delle molte poesie rivolte a un Tu, non solo artificio letterario, ma reale dialogo esistenziale; altre volte il Tu diviene memoria e malinconia per qualcosa o qualcuno che fa parte del passato.
Confessa l’Autrice il dolore della ricerca, che brucia il pensiero e squarcia il mondo della propria esistenza: ferite, squarci, fessure, tormenti, incidono queste poesie. Al fondo degli squarci – “la fessura dell’alba”, annuncio del nuovo, di un’altra esperienza e opportunità – ecco fuochi di festa: stupore, rapimento degli occhi; ecco il sole, luce, calore e mito, che può lenire il dolore.
La vita, immaginata da donna, come fosse una donna, che sia fata o strega, non cessa mai di scrutare con lo sguardo che interroga; anche quando il volto è assente e la persona è “due occhi senza volto” oppure “quando la palpebra/ gioca con l’iride/ e chiede all’occhio/ la pazienza del mistero.//” Anche l’Autrice sa che molto non si conosce e molto non si prevede.
La forma simmetrica delle poesie, quasi ruotante intorno al suo asse, non solo “mette in ordine” il flusso delle immagini e pensieri, ma dà movimento visivo allo scritto, altrimenti suono muto e fisso per una lettura con gli occhi, e solo un’onda nell’aria per lettura ad alta voce.
E’ come infine, se le parole e i versi fossero mobili, a figurare la vitalità e l’ubiquità della Poesia, ma anche la sua fragilità “Sei così pura,/ vulnerabile// Sei una parola che scrivo su carta,/ tremando.”
“M’assento
e vago
nei meandri
della mia dimora
come squarcio profondo”
“Immaginai la vita
come donna
le diedi un corpo piccino-
di fata –
un naso grande-
di strega –
e due grandi occhi
Una domanda”
“Smisi di parlare
quando diedi la parola
alla mia ombra
che rubò anche il pensiero,
e lo trasformò in carbone”
“Ti domanderanno dov’è nascosta
la fessura dell’alba
nella quale s’intravedono i fuochi di capodanno
Il sole si moltiplica
e guarisce il dolore che ti copre”
Valentina Casadei, Il passo dell’inerzia, SaMa edizioni, Roma, 2020
Valentina Casadei, nata a Ravenna nel 1993, è una sceneggiatrice, regista e autrice italiana, ed abita fra Parigi, Bologna e Ravenna. Diplomata in storia del cinema al DAMS di Bologna, con una tesi sul confronto fra Twin Peaks e Fuoco Cammina con me, ha finalizzato un master anglofono in regia e sceneggiatura, all’EICAR di Parigi. Nel 2016 e 2017, ha girato due cortometraggi, nell’ambito del suo master, “Tutto su Emilia” e “I Nostri Giorni Benedetti”, selezionati da molti film- festival internazionali. Ha scritto vari cortometraggi che sono a diversi stadi di produzione e sta sviluppando il suo primo lungometraggio. Ha collaborato con numerosi film-festival internazionali nell’organizzazione e nella giuria (Future Film Festival, Locarno Film Festival, Silhouette Festival…). Attualmente è selezionatrice di cortometraggi per rassegne e premi italiani e stranieri.
Nel 2018 ha editato “Tormento fragile” sua prima raccolta poetica.
Maurizio Rossi