Frattura composta di un luogo. Frattura composta di un nome di Andrea Accardi

Recensione di Anna Maria Curci

 

Andrea Accardi, Frattura composta di un luogo. Frattura composta di un nome. Postfazione di Andrea Inglese, Giuliano Ladolfi Editore 2022

Nel volume sono riunite le due pubblicazioni Frattura composta di un luogo e Frattura composta di un nome, apparse rispettivamente nel 2019 e nel 2020. A collegarle non è solo il titolo, che evoca da un lato un trauma, una rottura, dall’altro un permanere sullo stesso asse dell’originaria unità sulla quale è intervenuta la separazione, ma lo sono anche numerosi elementi di carattere diverso, tutti degni di menzione ai fini di un viaggio all’interno dell’opera. 

Innanzitutto va notata la tripartizione di ciascuna “frattura composta” nelle sezioni chiamate Il luogo, I nomi, Le voci. Ciascuna delle sezioni è a sua volta articolata in trenta brevissimi capitoli, alcuni dei quali constano di tre, quattro o cinque righe. La simmetria dell’impianto dei due testi è intenzionale e richiama quella di una composizione poetica, anche se lo stile si sottrae alla tipologia che viene solitamente identificata come “prosa poetica”.

Altro elemento di continuità tra i due testi è proprio lo stile, essenziale e mai fumoso, chiaro e condensato in periodi che raramente superano l’articolazione in frase principale e frase subordinata. Si tratta di una essenzialità che tuttavia, come ebbi modo di scrivere qualche anno fa, a proposito del volume di poesie di Andrea Accardi Nosferatu non esiste (Arcipelago itaca 2021), disegna una topografia complessa e visionaria.

L’epigrafe riporta la frase di un personaggio di Twin Peaks, opera per il piccolo schermo con la regia di David Lynch. È: «Porto un ceppo con me… sì. Lo trovate divertente? Io no». A pronunciarla è Margaret Lanterman, la Log Lady, la “signora Ceppo” della storica serie televisiva nella sua prima stagione. In entrambi i testi di Andrea Accardi, qui riuniti, ci sono altre apparizioni (il nano che si esibisce ballando, ad esempio), che citano letteralmente oppure che ricordano Twin Peaks. Si scorgono somiglianze, inoltre, nel seguire le vite quotidiane di alcuni personaggi, Amandine, Cristina, Sabine, Vinicio, Thomas, Sergio, Fabien, di George con il suo locale, nell’alternanza di un tono ‘basso’, colloquiale a un tono tipico dell’intuizione poetica, nella presenza costante, infine, di un’inquietudine che annuncia un mistero, un pericolo, una rivelazione.

È interessante d’altro canto rimarcare le differenze con la serie televisiva. Il luogo qui descritto, lo spazio geometrico nel quale si iscrivono le azioni, è una cittadina universitaria e la maggior parte dei personaggi proviene da luoghi diversi, non sono originari del luogo. Il perturbante non irrompe sulla scena, come avveniva in Twin Peaks, benché, se pur tra le righe, se ne colga la presenza sotterranea.

Tre eventi/apparizioni costituiscono in questo luogo altrettanti ‘motivi’: la scomparsa di una ragazza, le apparizioni di un rapace azzurro, l’attesa della conferenza di un famoso “filosofo”, intorno alla quale si addensano altissime aspettative. Sono motivi che ricorrono come linee costanti in una geometria complessa, nella quale le luci e le ombre contribuiscono a far intuire verità alternative, dimensioni profonde, angoli taglienti e voragini entro e oltre il perimetro: «Di notte le luci delle auto fuori del perimetro mostrano però l’inganno». Se da un lato le verità alternative, le dimensioni profonde, le voragini non sono disegnate sulla ideale planimetria del luogo, dall’altro di un «tu», che chiama a sé percezioni e considerazioni, è scritto: «Costeggi l’inedito, l’inatteso. La paura che ha sempre un buon motivo». Si fa strada allora la nozione di uno spazio e un tempo altri, che circondano la planimetria visibile e che in essa si insinuano, smentendo le percezioni immediate oppure aggiungendo ad esse altri dati, altri strati. 

Anna Maria Curci