Ecco due poesie di Mario Melis tratte dalla raccolta inedita “Versi postumi”. Melis ha recentemente pubblicato con Edizioni Cofine la silloge “Rendiconto di viaggi incompiuti”.
Soliloquio con donna
In te non m’incarno ma nella tua immagine.
Tu stai in un caseggiato bianco.
Abiti il primo piano dove si muore
e all’angolo un albero spoglio e un cane abbaia
i quali neppure esisterebbero
se non per il supposto ricordo.
Lei avrebbe dovuto dire
non m’importa sai cosa
ma voglio dormire nello stesso letto
il corpo dove è distesa l’anima.
Volevo anticipassi il mio pensiero
alla ricerca dell’Alterità.
Naturalmente (cioè nella natura) era d’inverno
una sera indugiante di Novembre.
Costretti dalla migrazione dei volti e dei minuti
che (non) sono i miei
se prima del sentire c’è il sentire
canto e controcanto
che si traghettano dall’uno all’altro.
C’erano le piante la macchina gli oggetti
e i passi che compie la luce
e credette di dover fare un viaggio
infrangere le regole
con una scena mentale.
Dialogo sull’inverno della poesia
I
Con i nostri versi ci offriamo a noi Dio (surrogato di Dio)
per garantirci che esistiamo.
Non ho ancora trovato la lingua mia sola
la lingua nella quale dovere (poter) morire
Si sovrappongono il tuo vuoto e il corpo
i gesti rami divaricati dell’albero
per accrescere l’assenza.
Come il neonato strappato all’unità della madre
la parola
II
Le tue gambe sottili riconvocano la morte
(il seme incistito del paese):
tra poco ti copriranno le vesti della neve
cioè la distanza e il Natale mio come dicono.
Tutto è già adesso che parlo con il simulacro
come facemmo con le primavere
(il giorno Mercoledì) e (non) sei sempre qui
le cose che si perdono
come questo non sia mai stato
quando volevo diventare contemporaneo del corpo.
E’ la circostanza dell’essere l’eco del tuono della pioggia
con un attenzione per le date di nascita.
IO sono un residuo della mia memoria
III
Tu sei sempre qui Ogni per alimentare
salpata dal paese
o il bilico del verso il simulacro
per la presenza e l’assenza del soliloquio
(gli oggetti quotidiani che soccorrono i morti).
Si soffermano i vecchi nel portico
a leggere nei necrologi la partenza delle navi
la fanciulla ritratta per eternare la madre.
Siamo andati lontani.
MARIO MELIS è nato a Roma nel 1942 e vive a Palestrina (RM). Ha insegnato lettere in un istituto statale della Capitale. Ha pubblicato ricerche di carattere storico-archeologico e i libri di poesie L’altro (Roma, Ed. Cofine, 2004) e Notizie dall’Isola (Roma, Ed. Cofine, 2014).