Della morte del caso del superfluo e altre poesie manoscritte

Poesie di Ferdinando Falco

[Marzo 2018] Della morte del caso del superfluo e altre poesie manoscritte, di Ferdinando Falco, Prefazione di Paolo Memmo, 2018, Roma, Edizioni Cofine, pp. 160, euro 15,00

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IL LIBRO                                        

Già dal titolo, Della morte del caso del superfluo e altre poesie manoscritte, questo libro postumo di Ferdinando Falco ci dice quel che il lettore può immediatamente verificare, e cioè che questo libro in realtà ne contiene due: il primo connotato attraverso tre sostantivi – la morte, il caso, il superfluo – che di per sé costituiscono un’indicazione di lettura, enucleando alcuni dei temi portanti dell’opera (non di questa soltanto, ma di quella intera di Falco); il secondo descritto nella sua forma grafica, trattandosi precisamente di poesie che l’autore ha voluto fossero riprodotte manoscritte come sono nate, secondo una modalità già sperimentata nel Trattatello dell’anima e dell’ombra (2012) che di questo volume costituisce l’antecedente più immediato. (Francesco Paolo Memmo)

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L’AUTORE                                     

Ferdinando Falco (Caivano 1936 – Roma 8 luglio 2016) ha pubblicato le raccolte poetiche: In lode della magia, Il Messaggio, Gela 1974, foglio n. 33; Tecnica di settembre, Il Libro, Roma 1974; La bardana del Greco. XX sonetti, Barbablù, Siena 1981; L’ampiezza a dimora, Messapo, Siena 1981; Sonetti in forma di poesia, Hetea, Alatri 1989; L’ombra, Poesia in Piego, Roma 1990; Piccole esecuzioni, edizione privata, Roma 1993; Trattatello dell’anima e dell’ombra, Accipiter, Roma 2012; i romanzi: Uneide, Edizioni Cofine, Roma 2002; Agiografie profane, Accipiter, Roma 2010; Triedro, Roma 2010; Resti umani, Roma 2011; Carte a perdere. Orme, tracce e piste, Roma 2012.
Dopo la sua morte, avvenuta nel giorno del suo ottantesimo compleanno, è stata curata da Mario Melis per le Edizioni Cofine (collana “Aperilibri” n. 7, Roma 2017) la silloge Ferdinando Falco, antologia.
Falco era anche appassionato di arte grafica: sue sono le immagine (‘Fabbrica di notte’, collage del 1989, e un ‘acquerello’ del 1988), pubblicate nella copertina di questo libro.

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NEL LIBRO                                    

 

I. LETTERA AL PADRE MORTO

1.

dalla sponda dei vivi per imagini
ti contemplo negli atti senza tempo
che compi con lentezza di defunto
Ora attendi il traghetto Paghi l’obolo
Navighi impaurito quattro fiumi
Trascorri viola e fitto gli asfodeli
e cammini fra gli altri con il volto
fermo nello sgomento a cui ti avvia
la condizione elìsea e non un vento
ti agita i capelli sulle tempie
Ma il luogo tenebroso che ti asconde
avrà anche per te l’erba di rosa
svilupperà le sue iperboli tonde
dal marmo che ci divide: parole
un filo di parole parallele
(o che siano tali ci illudiamo)
(o che in esse discenda un tardo sole)
ci sortiranno sempre dalle labbra
Adesso nella stanza ove si attende
la notizia del lutto consumando
lacrime e sigarette qualcun altro
polvere schiaccia e segatura e carta
Altra gente vorrebbe non avere
l’orecchio per udire la chiamata
la bocca per non torcerla Vorrebbe
non essere mai nata Eppure siamo
Un transito tu stesso mi sei stato
per uno, provvisorio e irripetibile,
che adesso parla con la voce tua
composta di moltipliche di voci
E di questi momenti di proscenio
non resta certo che il dolore E il dubbio
di intricare gli enigmi D’assommarsi
in più grumi ed erigersi in giocattoli
che con se stessi giuocano e si rompono

 

2.

“quando a febbraio trapassando i vetri
entrerà in questa camera la febbre
quando i cappotti in fondo al corridoio
stringeranno fra braccia di flanella
pianeti d’ombra e in specchi mirerò
sibille di un destino inconoscibile
è giunto credo il tempo” (ma benché
da gesti e sguardi penso e diagnostiche
voci colui che sputa e trema negli
stracci sappia e benché s’oda alla porta
già un triplice latrato tuttavia
crederci m’è impossibile)
“se la macchina che medita sul cuore
facesse all’improvviso e senza picchi
fossero i diagrammi sempre è un mare
a spingermi in battigia coi suoi resti
Così la deiezione lascia traccia
tortuosa sulle rive del pianeta
quand’Ella inaridisce come pane
chiunque nella stanza che chiamiamo
vecchiaia”
Così parlavi stando nel mio petto
con semplici parole or tue or mie
Fuori di noi crescendo scricchiolavano
con cadenze spinose e verticali
muschi licheni vermi pupe e stava
tutto il pianeta nel silenzio e al buio
in trecce in tralci di polve e frammenti
Di sé parvenza Gorgo senza fine
Ma nubi in cielo foglie nei giardini
strepiti d’opre e voci di viventi
vedo e ascolto sebbene tu sia morto
e con l’occhio da passero non temi
nuovi rami d’esilio come quando
dai tuoi paesi chiari trasalisti
orfano tutto trafitto di fame
verso un incerto destino di pane
con lo sciame dei simili nel mondo
preceduto da un padre sconosciuto
scomparso nei recessi forestali
nel giallo della febbre nel Brasile
Ho amato il tuo genetico sorriso
di emigrante ti ho amato per le lacrime
mai trasformate in pianto né in parola
Ho amato la tua mite pazienza
che non condivido e la tua rabbia
non eretta in un gesto di rivolta
accettando l’esilio dalla terra
come destino della nostra gente
Questa condanna che fu tua rifiuto
e porto un desiderio di vendetta
e mi dico che il mondo cambierà
– sebbene tu sia morto – anche per te
benché nessuno che non voglia possa
recapitarti adesso la mia lettera
sulla sponda del fiume ove cammini
con lieve piede nell’oscuro vento

Dalla seconda parte del libro "Altre poesie manoscritte" pubblichiamo le immagine di alcune pagine.

Poemetto autunnale di Ferdinando Falco (poesia manoscritta)

 

Chiacchiere alla fermata dell'autobus

 

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