Con il lapis* #28: Marvi del Pozzo, La luna e l’orologio. Prefazione di Cinzia Marulli, La Vita Felice 2021
Migranti
falsamente amico,
nulla tu sai d’ascesa, di fatica.
Autoreferenziale nel tuo Bello,
tetragono al progresso e al regredire
di quella civiltà che tu lambisci,
dimostri il vuoto d’ogni perfezione.
Tu non hai vita: te la diamo noi.
Odisseo ti ha cantato dagli inizi,
sui flutti stringe i denti la speranza
sui flutti ormai sbiadisce la coscienza.
(p. 63)
In un crescendo di versi e di immagini – la sequenza iniziale, quinario, settenario, endecasillabo, è seguita da un concatenarsi di endecasillabi, mentre gli scenari abbracciano il mito, l’epica, l’idealizzazione, così come la contemporaneità crudele -, Migranti, poesia tratta da La luna e l’orologio di Marvi del Pozzo, reca con sé e trasmette vividamente le caratteristiche della scrittura dell’autrice. La precisione del dire, la bellezza del canto e lo spaziare di questo in territori familiari e tuttavia dal fascino inesauribile, tra il nutrimento continuo della poesia di tutti i tempi e il vivere nel proprio tempo con occhi aperti e mente desta, che nulla considera alieno alla poesia.
La bellezza, il Bello cantato da millenni e per millenni, la perfezione del grandioso, tutto ciò viene sì confermato, ma al tempo stesso, come avviene nel caso di questo componimento, ne viene additata la autoreferenzialità, che dimostra «il vuoto d’ogni perfezione».
Il mare che chi compose l’Odissea fece cantare a Ulisse è oggi il mare che travolge con indifferenza. La natura, qui come nell’intera raccolta (Migranti si trova nella seconda parte, L’orologio, precisamente nella sezione L’ora del lupo), è, come già nella prima parte, La luna, e dunque come il satellite della Terra, ambivalente, madre e matrigna. Tale lettura a più facce, che ha una delle sue note espressioni nella poesia leopardiana, ma che si è nutrita di numerosi apporti, prima e dopo quella voce (si pensi, in anni recenti, alle riflessioni del poeta e scrittore contemporaneo Lutz Seiler in Die dunkle Seite des Mondes. Über Georg Trakl, Stefan George und Pink Floyd), assume, nella scrittura di Marvi del Pozzo in questa raccolta, espressioni degne di note.
Come madre la luna era avvertita dalla figlia dell’io lirico in Alla luna: «Io la riconoscevo come figlia/ ma constatavo che la mia creatura/ pur vagamente dentro sé intuiva/ nella natura, più che in me, sua madre». Può, d’altro canto e in altri momenti, accadere che la luna si sottragga alla sua facoltà di irradiare luce e delineare una prospettiva: «La falce ristretta di luna/ non dona riflessi di luce/ e neanche speranze» (Notturno). L’andirivieni tra i due poli opposti, le due facce e i due ruoli della natura anima tutta l’esistenza. Ci si imbatte così, nella poesia Nella mia mano, nel «respiro/ di una stella», che palpita nella mano e si oppone alla noncuranza del «mondo altero».
La consapevolezza circa l’ambivalenza non scivola mai, tuttavia, nel gesto dissacratore. La resistenza a ogni deriva nichilista è pronunciata senza pericolo di fraintendimenti o ambiguità nel componimento, risposta a Contemporaneità di Franco Buffoni, che dà direttamente voce alla luna: Io luna: «Non è nel nichilismo/ la poesia/ se c’è ancora un bambino/ o un poeta».
Nel rivolgersi al proprio tempo e alle ‘parole del tempo’ coscienza e sguardo restano nitidi, chiari, diretti. La parola poetica che risponde al termine alla moda lo fa con garbo e sapidità, con la fermezza di chi conosce approfonditamente storia della lingua ed etimologia di lemmi e che smaschera ancora una volta, in questo caso nell’uso linguistico, le ambivalenze: «Resilienza./ Che c’entra mai con me/ questa parola/ tecnica, per oggetti materiali/ che resistono agli urti/ e non si spezzano?». Più avanti, nello stesso testo, il confronto con il termine abusato “resilienza” diventa l’occasione di una professione di fede nell’etica condivisa, professione che non ha bisogno di locuzioni roboanti per prendere slancio e convincere: «Resilio è verbo. In latino vuol dire/ buttarsi dietro, rimbalzare via./ Io mi butto alle spalle il sostantivo,/ la “resilienza” che non fa per me./ Non sono un’agonista individuale./ Preferisco esser debole tra gli altri/ socializzando al patire comune,/ atleta nella pietas virgiliana./ Solo un gioco di squadra mi appassiona».
Il ritratto di sé si compone progressivamente attraverso le relazioni, quelle coltivate con le anime affini e, in generale, con gli interlocutori dalla poesia di tutti i tempi e quelle con gli affetti e le amicizie. La parola poetica unisce soffio vitale, presenze e fenomeni naturali, coro delle voci del mondo, afflato e canto che nasce dal silenzio. L’ora del lupo, l’ora della nascita dell’io lirico «in una notte gelida di guerra» sarà ricompensata da un’altra ora a mezzogiorno, d’estate? Anche questa domanda, così intima, è legata alle storie degli affetti cari, così come alla Storia. È ancora nei legami di amicizia, nella Filastrocca dei destini, tra i cinque viandanti e loro «sorti diseguali», che si presenta, con la sua “nobile semplicità” «chi si è votato alla poesia», coglie il suono e ne forma parole.
Anna Maria Curci
*Con il lapis raccoglie annotazioni a margine su volumi di versi e invita alla lettura della raccolta a partire da un testo individuato come particolarmente significativo.