Con il lapis* #26: Salvatore Ritrovato, La circonferenza della vita, Marcos y Marcos 2022
Present continuous
Distesa piatta e grigia, compatta come un asfalto.
Un vento rasoterra che la spazza.
Folate radenti di nevischio e un grappolo
di uva che pende matura da un tralcio.
Una scarpina di lana rosa per bebè.
Un giunto cardanico arrugginito.
La pagina strappata di un quaderno.
Era pochi secondi fa o molti secoli che tutto
(anche il nulla) ha cessato di esistere?
(p. 82)
Present continuous conclude la sezione Epidrammi, terza delle quattro sezioni che compongono La circonferenza della vita di Salvatore Ritrovato (le altre sono Ultime, Salire gli anni, Visioni postume e provvisorie).
Come la maggior parte dei testi che compongono la raccolta più recente di Ritrovato, pubblicata nel 2022 da Marcos y Marcos, questa poesia è articolata in un’unica strofa e, a differenza delle altre e a conferma della varietà di tipologie che caratterizza struttura e ispirazione delle pagine di questo volume, essa si presenta come un inventario, formulato con frasi nominali, con l’enunciazione di presenze, di oggetti definiti da una proposizione relativa, da un aggettivo qualificativo o da un participio passato.
Ogni elemento dell’inventario si manifesta come immagine nitida, separata dalle altre per mezzo di un punto fermo, contenuta nello spazio di un verso, ad eccezione dei versi 3 e 4, uniti da un enjambement e contenenti due immagini che costituiscono, a loro volta, un ossimoro tra le folate radenti di nevischio e il tralcio da cui pende (natura morta o viva?) l’uva matura. L’interrogazione che conclude il testo abbraccia anch’essa due versi e la domanda «ha cessato di esistere?» si contrappone curiosamente al titolo, che è il termine in lingua inglese per indicare il tempo verbale del presente progressivo.
Forma inusuale, quella dell’inventario, nella poesia di Salvatore Ritrovato. Eppure questo componimento illumina molte delle tematiche alle quali questa raccolta dà voce: l’esistenza e l’infinito, l’interrogarsi e l’interrogare, l’esercizio della poesia, lo scorrere e il travolgere del tempo, la riflessione sulle “ultime cose”.
La riflessione sulle “ultime cose”, indissolubilmente legata alla esplorazione delle connessioni tra esistenza e infinito, si annuncia già nel titolo della prima sezione, intenzionalmente polisemico come del resto il titolo stesso del volume. Ultime può riferirsi sia alla data di composizione di questo primo gruppo di testi, sia alla prospettiva annunciata, quella teologica delle “cose ultime”, ἔσχατα, novissima. Ecco che, dopo l’introduzione al viaggio, tra astri ed esistenze, spazi siderali e domande su ciò che resterà in Il pianeta sopravvissuto, poesia inaugurata dalla citazione da Gli anelli di Saturno di W.G. Sebald, già il secondo testo, sia nel titolo, Il peccato immortale, sia nella citazione dai Pensieri di Blaise Pascal, scopre le carte di un confronto serrato con il pari pascaliano, la scommessa sull’esistenza di Dio. Ad essa Ritrovato oppone, con un movimento che attraversa tutto il volume (si pensi anche a Le dieu caché, p. 80, anch’essa dal titolo pascaliano, ad Apocrifa, p. 81, nella quale il saluto all’angelo che parla in dialetto è nel segno della devozione al «grande Assente»), un robusto dubbio, che si concretizza nella personificazione di una divinità infinitamente paziente sì nel ricevere il fuoco di fila di domande che da millenni circondano la sua esistenza, ma, altresì, infinitamente indulgente con sé per il suo «peccato immortale» di «aver creato il mondo». Anche altrove nel libro, così come avviene qui, al dubbio si accompagna la boutade, tuttavia l’interrogazione circa l’esistenza e l’infinito non si smorza; essa si palesa, anzi, con la costanza di un esercizio spirituale. Succede inoltre – è il caso di Tornando da Loreto a p. 62 – che il dialogo con il divino diventi particolarmente intimo, tra rimpianto per il fiato corto della preghiera o addirittura per l’incapacità di pronunciarla, e l’individuazione di una strada propria, eccentrica ma non meno autentica, di avvicinamento al divino; è una strada che comprende, assieme all’indagine, alla ricerca del volto, all’interpretazione, anche la preghiera come rendimento di grazie per la libertà di scelta ricevuta: «Ma che importa?/ Ai tuoi occhi l’invisibile è essenziale/ e la libertà di non amarti o dimenticarti/ valeva la pena di creare anche il male./ E così prego, la voce che mi esce è il tuo silenzio». In Una predica (p. 25), Dio è il Bibliotecario che «attende, anche chi non crede» e che sa leggere le chiose tra i libri usati e restituiti, come gli umani non sanno fare. Tra il sacro e la poesia il collegamento è molto stretto, come rivela All’inizio pareva un deserto ma (p. 85), che si apre con una citazione da La persona e il sacro di Simone Weil. L’io lirico suggerisce in quel testo di non cercare l’acqua solo nelle oasi, bensì nel deserto, luogo per eccellenza della prova e del confronto con il sé e con il trascendente.
Le risposte e le vie del poeta, della poesia, si rivelano allora come percorsi peculiari e non addomesticabili, nel creare e ristrutturare dimore «per distrarsi dalla voglia di partire» (La casa del poeta, p. 27), nell’essere, oltre ogni ostacolo, oltre ogni distanza, «ponte» (La poesia è un ponte, p. 92): «Il poeta, una nostalgia lo fermerà sul limitare. / Gli archi come se camminassero sull’aria/ leggeri, celesti, e quasi danzassero nel loro abbraccio di pietre». Tanto più luminosi appaiono dunque i riferimenti ai letterati che si sono già inerpicati per quei sentieri autonomi: Verlaine, per additare un esempio significativo tratto dalle esperienze del poeta Ritrovato come traduttore, John Keats di Endymion e del suo inimitabile «quiet breathing», Giorgio Caproni e, più vicini ai nostri giorni, il poeta maceratese Remo Pagnanelli, i cui versi sono posti in esergo alla già menzionata Una predica, e l’indimenticato Gianmario Lucini, del quale leggiamo questi versi, a introduzione della poesia Il segreto di Luca dal titolo letterario, che non può non evocare il romanzo di Ignazio Silone: «Non amo i poeti che dicono che vogliono cambiare/ il mondo e non sanno cambiare neanche se stessi» (p. 23, Luca nel testo, come spiega Ritrovato nelle note poste a conclusione del volume, è il poeta Luca Ariano, interlocutore dell’autore in una serata seguita a un incontro sulla poesia di Lucini) .
Molti sono gli affetti che emergono dai componimenti raccolti qui da Salvatore Ritrovato: i figli, i genitori (ai quali sono dedicati in particolare L’offerta, a pag. 37, e A mio padre, a pag. 60), gli amici – e tanti poeti tra di loro. Non fu vano, a p. 61, con le sue pagine di una rubrica telefonica, è anche un omaggio a coloro che non ci sono più. Affetti sono anche da considerare almeno tre fra i luoghi che ricorrono tra le pagine di La circonferenza della vita: Urbino, Bologna e la città natale, San Giovanni Rotondo.
L’amore, anche nella sua dimensione erotica, si affaccia tra i versi in due versioni, con i rispettivi sentimenti e con altrettante prospettive sullo sfondo, che sembrano costantemente in lotta tra di loro come sul ring di un incontro di boxe: la tentazione di soffocare ogni illusione di coinvolgimento con la semplice ‘degustazione’, anche esotica (“Sai quanto ti voglio bene…”, p. 51, e Vuelve a la cama, p. 52), e l’erotismo (si legga Nudi, a p. 31) come fonte di vera conoscenza, come speranza di riacquisire «movimenti nuovi/ e pensieri lontani», che sembravano perduti. Mettersi a nudo è deporre la maschera mediatica, dismettere lo schermo, accogliere il vero Erlebnis, la vera esperienza vissuta.
Anna Maria Curci
*Con il lapis raccoglie annotazioni a margine su volumi di versi e invita alla lettura della raccolta a partire da un testo individuato come particolarmente significativo.