Claudia Zironi, Not bad (2019-2020), Arcipelago itaca 2020
*Con il lapis raccoglie brevi annotazioni a margine su volumi di versi e invita alla lettura dell’intera raccolta a partire da un componimento individuato come particolarmente significativo.
oggi e solo oggi decidiamo
del futuro e del passato, se l’uragano
ha portato via un riparo o ne ha lasciato
uno più accogliente, tra i fiori e le erbe
medicinali, bagnato dalla luna, benedetto
dai frutti preziosi della pioggia. oggi che
esistiamo, possiamo guardarci
per la prima volta, tendere le mani
verso il cielo come rami, e di foglie immuni
custodirci, l’un l’altro, noi, piccoli
miracoli toccati dal tempo, raccogliamo
ogni libero arbitrio per l’inverno e decidiamo.
(p. 103)
L’esistenza, percepire, patire, amare, soppesare, confrontare, desiderare, camminare, nuotare, volare (verso dove?), si palesa con una ampiezza di estensione notevole, nello spazio così come nel tempo, in Not bad (2019-2020) di Claudia Zironi (Prefazione di Francesco Tomada. Con otto illustrazioni di Emiliano Medardo Barbieri, Arcipelago itaca 2020).
L’ampiezza e la varietà che si dipanano nelle quattro sezioni – I. Quando si spegne il cielo, II. Not bad, III. Nuda carne, IV. Il ritorno degli uccelli) comprendono, contemplando, osservando e, ancora, attraversando e percorrendo, specie e fenomenologie, esperienze vissute e considerazioni su eventi, evoluzioni, catastrofi ed estinzioni, morte («se fosse davvero la Morte ciò che serve», p. 32) e rinascita. Esperienze vissute, incontri e pensieri passano per le riflessioni sulla storia nel suo dipanarsi ‘immediato’ – e davvero gli anni 2019
e 2020 diventano emblematici, l’uno nel presentimento, l’altro nel sentimento dell’emergenza – per giungere a dimensioni lanciate in avanti («cosa direte tra trent’anni di quest’onda/ che avanza e si ritrae», p. 31) e, in ulteriore procedere, decisamente più vaste, come le ere geologiche.
Sempre, tuttavia, si ritorna all’esistenza, all’esistente, e alla sconfinata teoria, al pullulare fittissimo dell’esistente; si ritorna, altresì, e ci si rivolge, a chi è senziente. L’appello è formulato a chi, tra i senzienti, ha la facoltà di parola, all’umano che la articola e, ancora più dettagliatamente, al soggetto umano – poeta – che la invoca: «Ci vorrebbe una parola per aggiustare/ per trasformare, per realizzare/ una perfetta creazione», scrive Claudia Zironi in un testo centrale della raccolta (a p. 45, nella prima sezione).
L’accogliere più ampio possibile si apre allora a cogliere ogni elemento, anche piccolo, come «per la prima volta» e, soprattutto, a cogliere il momento, il qui e ora della decisione, della scelta, dopo essersi fermati a raccogliere «ogni libero arbitrio per l’inverno». Siamo implumi, noi umani, ricorda Claudia Zironi nel testo di p. 119, nella quarta sezione del libro, e all’inverno non si sopravvive nudi. Ecco che anche qui, come nel testo riportato in apertura, tratto dalla terza sezione, alla varia e popolatissima galleria dell’esistente si affianca un elemento che potremmo chiamare, con le parole di Friedrich Schiller, Würde, “dignità” (e “dignità” è un concetto evidenziato anche da Francesco Tomada nella bella introduzione al volume), espressione di una autentica libertà dello spirito, quella di decidere oltre le mere pulsioni.
Anna Maria Curci