Qui di seguito pubblichiamo l’introduzione, a cura di Emilio Coco al libro di poesie Appunti per una leggenda del poeta Mario Meléndez (prima edizione Città del Messico, dicembre 2011) ed alcune poesie in esso contenute, tradotte dallo stesso E. Coco.
In questo breve scritto introduttivo mi preme ancora una volta sottolineare l’utilità dell’antologia, la quale ci offre principalmente l’occasione di un rinnovato incontro col poeta attraverso alcuni dei suoi testi più rappresentativi che si offrono a noi con la forza della loro urgenza comunicativa.
Ho conosciuto Mario Meléndez qualche anno fa in occasione di un incontro di poeti del mondo latino in Messico. Mario è un giovane poeta cileno che ha trovato in questa generosa terra messicana la sua seconda patria e qui ha stabilito la sua dimora, impegnandosi in varie e lodevoli iniziative.
Nella sua poesia si coglie qualcosa di impetuosamente fresco e agile: una ricchezza di movimenti e di aperture fantasiose quale di rado capita di trovare nella giovane poesia italiana. È il suo un cantare inesauribile nel suo immaginoso inventarsi e reinventarsi. È la singolarità di una voce che dissotterra, che architetta e musicalmente compone.
La traduzione di alcuni suoi testi poetici qui riuniti ha costituito per me la scoperta di un poeta originalissimo, col suo carico di energia appassionante, persino entusiasmante.
Accade di rado di fare un incontro fortunato. Uno di quegli incontri che generosamente ci ripagano della nostra fatica col loro dono di poesia che si concede a chi abbia la pazienza e il gusto della letteratura volenterosa, non prevenuta. Mario Meléndez è uno di quei poeti da annoverare tra le conoscenze non sterili.
Emilio Coco
ARTE POETICA
Una mucca pascola nella nostra memoria
il sangue scappa dalle mammelle
il paesaggio è ucciso da uno sparo
La mucca insiste nella sua routine
la sua coda spaventa la noia
il paesaggio risuscita al rallentatore
La mucca abbandona il paesaggio
continuiamo a sentire i muggiti
la nostra memoria adesso pascola
in quell’immensa solitudine
Il paesaggio lascia la nostra memoria
le parole cambiano nome
ci soffermiamo a piangere
sulla pagina in bianco
Ora la mucca pascola nel vuoto
le parole stanno sulla sua groppa
il linguaggio si burla di noi
LA SPIAGGIA DEI POVERI
1
I poveri trascorrono l’estate a un mare
che solo essi conoscono
Lì installano le loro tende
fatte di vimini e cellofan
e poi scendono a riva
per vedere l’arrivo delle scialuppe
indurite di addii
Sulla spiaggia
la miseria si abbronza bocconi
la fame prende il sole su uno scoglio
i bambini costruiscono rifugi sulla sabbia
e le ragazze passeggiano
con i loro bikini passati di moda
Esse stendono i loro asciugamani di carta
e si sdraiano a guardare le onde che s’infrangono
che ricordano loro la forma di un pane
o una cipolla
Nuotano i sogni in alto mare
Ed esse vedono il venditore di gelati
che accarezza i loro seni
o se stesse in viaggio verso la schiuma
da cui ritornano con vestiti nuovi
e un sorriso nell’anima
2
I poveri trascorrono l’estate a un mare
che solo essi conoscono
E quando scende la sera
e di fronte a loro si sveste l’orizzonte
e i gabbiani si schiodano dall’aria
per tornare a casa
e il crepuscolo è una pentola in comune
piena di pesci e colori
essi accendono i falò sulla sabbia
e cominciano a cantare e a ridere
e a respirare la breve storia dei loro nomi
e bevono vino e birra
e si ubriacano
abbracciati ai loro migliori ricordi
Nuotano i sogni in alto mare
Ed essi vedono i loro figli diretti verso la scuola
carichi di libri e scarpe e giocattoli
o se stessi di ritorno dal lavoro
con le tasche gonfie
e con un bacio dipinto sopra l’anima
E mentre essi sognano
spegne i loro falò la fame
e si mette a correre nuda sulla spiaggia
con le ossa piene di lagrime
CONFESSIONI
Non sto, non sono, non appartengo
vago da una parte all’altra come un grande verme nero
Il mio cuore ha i suoi pidocchi
la mia storia è un collage di cani vecchi
che non abbaiano per paura di scomparire
La mia infanzia m’insegue con un coltello
m’insegue con un bastone senza colpirmi
m’insegue con ritratti e fiori
che s’appiccicano alla mia ombra soffocandola
Sarà che ancora penso
che gli alberi crescono di notte
che la penna canta più dello stesso uccello
e che l’uccello ammazzerebbe per essere penna
Sarà che in me la vita si disossa come un rospo
come un rospo ma non salta
si trascina
urla come un botolo straziato
mentre la morte gli lecca le ascelle
e le anime radono la soglia della paura
La morte m’insegue con la sua carriola sulle spalle
si spoglia lentamente perché io la veda
e mi saluta di tanto in tanto
gridando come una vecchia ardente
La morte la sa lunga
e io che conosco i suoi trucchi
io che conosco la sua voce
io che so persino il suo latrato
io che le assomiglio
come un gemello fedele e rassegnato
anch’io sono la morte
e da adesso sono eterno
SE FOSSI CALVA TI AMEREI LO STESSO
Se fossi calva ti amerei lo stesso
impazzirei baciandoti la testa
la tua piccola luna dorata
Se fossi calva, oh se fossi calva
ti porterei lungo il fiume della memoria
mi siederei vicino al fuoco dei tuoi occhi taciti
spargerei un cigno in mezzo alla tua fronte
Ma la lunga e cieca capigliatura
il lungo alito di cristallo
la lunga fibra di cenere e di polline che sei
tutto ciò che la vita custodisce per sé nei tuoi capelli
quel che la notte ti ruba nei sospiri
tutto ciò che il colore dell’estasi ti lambisce
come in un volo lampo
come in un sole prolungato
come in un gioco di luci ammucchiate sul tuo collo
tutto questo, amore, e più in alto quest’onda
questa corrente, quest’aria
questo grappolo di alghe sciacquate al vento
questo cordone umano ammassato su di te
questa marea, questo soffio
questo sussurro che mi lega fino alle ultime radici
e quel che nasce, quello che finisce
e quel che cade nel grande abisso del tuo sangue
quel che non è stato scritto, amore, tutto il mistero
perché all’ombra dei tuoi capelli
io annego per sempre
PEDAGOGIA INCOMPIUTA
Il bambino chiede al padre
se le parole invecchiano
Il padre risponde al figlio
che le parole continuano a essere giovani
come il primo giorno
Il bambino corre dal nonno
per portargli la buona notizia
E il vecchio apre di colpo
il cassetto delle parole
perché queste gli raccontino il segreto
Mario Meléndez (Linares, Chile, 1971). Ha studiato Giornalismo e Comunicazione Sociale. Tra i suoi libri figurano: “Autocultura y juicio” (con introduzione del Premio Nacionale di Letteratura, Roque Esteban Scarpa), “Poesía desdoblada”, “Apuntes para una leyenda”, “Vuelo subterráneo”, “El circo de papel” e “La muerte tiene los días contados”. Nel 1993 ottiene il Premio Municipale di Letteratura nel Bicentenario di Linares. Sue poesie appaiono in diverse riviste di letteratura latino-americana e in antologie nazionali e straniere. È stato invitato a numerosi incontri letterari tra i quali ricordiamo il Primo e Secondo Incontro di Scrittori Latino-americani, organizzato dalla Società di Scrittori del Cile (Sech), Santiago, 2001 e 2002, e il Primo Incontro Internazionale di Amnistia e Solidarietà con il Popolo, Roma, Italia, 2003. Agli inizi del 2005, è pubblicato nelle prestigiose riviste “Other Voices Poetry” e “Literati Magazine”. Nello stesso anno ottiene il premio "Harvest International" alla migliore poesia in spagnolo assegnato dall’University of California Polytechnic, negli Stati Uniti. Parte della sua opera è stata tradotta in italiano, inglese, francese, portoghese, olandese, tedesco, rumeno, bulgaro, persiano e catalano. Per quattro anni ha vissuto a Città del Messico dove ha impartito lezioni di letteratura latinoamericana e realizzato diversi progetti culturali. Ha diretto la collana sui maggiori poeti latinoamericani per "Laberinto edizioni" e realizzato diverse antologie sulla poesia cilena e latinoamericana. Attualmente vive in Italia. Ha collaborato con l’Università di Urbino "Carlo Bo" dove ha tento alcune lezioni di poesia e lettaratura ispanoamericana e dato lettura delle sue opere tradotte in italiano dal poeta e saggista Emilio Coco. Recentemente ha partecipato al Festival Internazionale Daunia poesia di San Severo e al Festival Internazionale Dire poesia di Vicenza.