Antonella Zagaroli

Antonella Zagaroli  è nata a Roma e da qualche tempo vive nella campagna circostante. Poeta, poetry therapist, funzionario della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Laureata con in Letterature Straniere Moderne, ha insegnato per diversi anni, è stata impegnata in politica e ha collaborato con la RAI.

Ha esordito nel 1988 con La Maschera della Gioconda (pref. Walter Pedullà) Crocetti editore, Milano. Nel 1992 viene rappresentato il suo poema Il re dei Danzatori. Nel 1996 pubblica Terre d’Anima (pref. Achille Serrao), Libroitaliano editrice Internazionale, Ragusa.
A novembre 2001, presso il Teatro Sala Uno di Roma, è andato in scena il suo testo Come filigrana scompostaracconto d’amore, tango edita e rappresentata nuovamente a Dicembre 2007 col titolo Storia di un amore argentino.
A marzo 2002 esce la sua prima raccolta di racconti La volpe blu (pref. Mario Lunetta), Sovera ed. Roma.
A gennaio 2005 Stefano Giovanardi presenta il suo lavoro poetico Serrata a ventaglio – Onyx edizioni Roma -. A febbraio 2007 è nuovamente presente nelle librerie col saggio e reportage poetico in India Quadernetto Dalìt, Rupe mutevole edizioni ,Borgo Val di Taro (Parma). Per questo testo, tradotto e pubblicato in lingua inglese a dicembre 2007, è in corso l’edizione in lingua malayalam con la casa editrice Mathrubumi del Kerala.

Oltre ad essere presente in alcune antologie italiane e straniere, di lei e della sua poesia hanno scritto poeti e critici con scuole di pensiero diverso, per citarne alcuni:
“C’è amore, eros nella lettera, nella musica dei versi di Antonella Zagaroli, è l’amore chiamato a riempire il vuoto della vita (W. Pedullà).
“Tra Valey, Corbin e il grande sabotatore Duchamp i suoi lavori sono davvero articolati e appassionanti (V. Magrelli).
“Se vogliamo veramente sapere chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo bisogna interrogare la nostra energia, lo smarrimento davanti all’energia del nostro corpo proprio come fa Antonella attraverso la poesia” (D. Maffia).
“Nei racconti Antonella fissa la silhouette di un microevento come fosse un accadimento fondamentale ecco perché essi diventano abbacinanti liriche in prosa” (M. Lunetta).
“Questa poesia auspica una condizione di equilibrio fra etica ed esperienza contingente, individualità e collettivo, scrittura e vita, lascia in bocca un che di dickensoniano ed è possibile per il rilievo ripetuto interno al femminile tutto assorbito e intorno al verso”(A. Serrao).
“La poesia di Antonella Zagaroli è una poesia complessa, multistrati e va letta tenendo conto delle stratificazioni, tenendo presente l’intenzione complessiva di far poesia interrogando la poesia. Questa è l’originalità del suo approccio rispetto a quello sia dei coetanei sia della poesia contemporanea in generale, che mediamente tende a usarla  come qualcosa di definito a priori. Le sue ultime  raccolte si posizionano in una terra di nessuno, nello spazio che Heidegger avrebbe chiamato del frammezzo. La Zagaroli fa in modo che lo spazio fra soggetto e oggetto diventi oggetto di poesia, poi lo drammatizza.”(S. Giovanardi).
“Quadernetto Dalìt è sì un libro di poesia ma è soprattutto un percorso spirituale” (F.Loi).

Le poesie di Antonella Zagaroli

da La maschera della Gioconda

Là vèr l’aurora, che sì dolce l’aura

donna m’apparve, sottoverde manto

vestita di colore di fiamma viva:

 Laubea crepita

                             nella corsa fiamma oro e fama

                                                                       cade

nel cielo nasconde calore

 

Laubea dal poeta rosa

nel grigio fra spilli

ha ingoiato miniere

di giallo ha scavato la notte

                                           nel seme Laubea

                                           lubrifica l’ombra

da Serrata a Ventaglio

Isola mediterranea

Che sole! Maturo,
succoso sopra nuvole a ragnatela
risale fino al punto pieno
laddove il colore si perde

in ogni passaggio occhieggia al mare
fra rigagnoli, pietre
con alghe e guizzi scivola verso la riva
dai precipizi accarezza il cardo in fiore

Girovagando

C’è un volto che legge la luce nel glicine

la selva odora di cavalli e fiori

neve pioggia primavera autunno
tutto è nuovo desiderio,

increspato nella creta
il fagiano grigio abbassa il capo,

opalina la visione ch’esplora la terra

***
Il sole ricama i cardini della porta

Serrata a ventaglio

La donna dal seno viziato
specchia i colori uno alla volta
ne mortifica l’armonia col sangue fra le cosce

E’ gelosa d’ogni nuova voglia
impasta la lingua con rivoli di sale

Risponde senza più occhi al mondo in silenzio

***
Nel viola nel giallo nel lilla
nel mio sogno bianco.
           Silenzio e
non voglio dormire,
mi vesto di luce 
per parlare con te che guidi le entrate.

Il cammino è ora lento
mentre sfoglio i resti dei miei abiti.     

Come gli antichi vapori dei treni
non voglio fuggire oltre il mio stesso avvenire.
Sulla strada contorta che riempie la vita,
né succhiata né frantumata,
            ho un cerchio che induce al ritorno.

E quando gli alberi muoveranno il vento
salirò nel bianco
            Io,
diventata una soglia corrosa

Cercherò non più barriere ma l’angelo
mare dei miei tuffi notturni

Un cieco rientra senza bussare,
dentro il petto:
“Perdono, ti perdono luce che ho perso!
vorrei dal mondo in corsa un piccolo faro
per splendere verde”.

***
Corre il cielo verso l’alba
ma si paralizza nel mio cervello.

Nascono gli occhi
sono un frastuono senza scampo
cuscini, righe trascritte, opere solo pensate

Qualche passo fino al gabinetto accanto
e ritrovo il respiro nella libertà più banale.

***
“Bombardano il sole
lo travalicano con slitte trainate da cavalli ciechi”-

livida immagine di catastrofe:

“verranno dall’oceano in corpi di metallo
squali scagliati contro centri d’ogni potere,

ci ritroveremo in fila cercando rifugio nella terra
formiche femmine per ridisegnare il tondo”

da Quadernetto Dalìt

(libro dedicato agli intoccabili indiani)

Primi sguardi

Dita frastagliate di riso spezie fuoco
ansimano in direzione della bocca.

Con gli occhi incollati
alla goffa intrusione
i figli della madre futura
sorridono a chi crede di sapere.

Ghirlande per gli dei
fioriscono intorno a capanne
con foglie secche. Fra fango e asfalto
le bandiere rosse
incrinano l’imbiancata civiltà,
sono inni muti.

***

In canoa per non disturbare

Al tramonto nei canali
per pescare, tuffarsi, detergere
seni bruni gambe slanciate.

Femminili lunghi capelli
si adagiano nel verde laccato,
con tratto sicuro
riscrivono un pentagramma senza suono.

Rigano d’ignoranza la mia fronte
piante uccelli pesci insetti
conosciuti come sillabe.