Amen di Chiara Mutti

Nota di Anna Maria Curci

 

L’io narrante ha partorito diverse creature dalla propria immaginazione, da ferite aperte nel passato e da luoghi pulsanti della propria percezione. Tra queste, spicca per prossimità Giulia, attraverso i cui occhi è dato percorrere le pagine di questo libro che si colloca in un punto di incontro tra diario, raccolta di impressioni, romanzo di ricordi, clessidra che contiene la sabbia, polvere mobile e nuvola cangiante di memorie complesse e dolorose.

Luoghi, colori, materiali, oggetti (“Le scarpe”), avvisi (“Non oltrepassare la linea gialla”), strade (“Via Lorenzo il Magnifico”) e piazze (“Piazza Ungheria”), cibi (“Pane e stracchino”) costituiscono i titoli dei brevi capitoli, momenti nei quali il ricordo si addensa intorno a un elemento portante, conduttore della percezione e mattone nella ri-costruzione di un percorso sofferto, di un trauma e di una catena di traumi.

Abbandoni, equivoci, distacchi, timidezze e silenzi pagati con il prezzo salato dell’emarginazione e, insieme, la scrittura come restituzione di una coscienza che sa distinguere tra il vero sacro e ciò che viene spacciato per santo. È una coscienza, quella restituita dalla scrittura, che sa lasciare andare, che ha imparato a perdonare. Ogni tappa di questo percorso acquista nella precisione dell’eloquio, così come nel fronteggiare sia il profondo del ricchissimo mondo onirico sia il quotidiano dell’esistenza, il fascino luminoso della testimonianza quieta ma costante, di uno sguardo che sa essere, nella chiarezza, perfino tagliente quando individua le tracce della mancanza di spirito critico.

Giulia porta con sé una riserva, un tesoro di immagini che, prima della stesura di questo libro, non erano state riversate in una narrazione. Giulia aveva «una brama insaziabile di conoscere e capire», ma non era «allenata alla parola» (p. 18). Spetta ora a chi narra riportare le immagini, copiose, nel territorio della parola pronunciata, scritta e, per il tramite del libro, condivisa con chi vorrà, anche attraverso la lettura, “allenarsi all’ascolto”.

Le immagini diventano storie, episodi, luoghi della quotidianità e luoghi delle rivelazioni. Ciascuno di questi si arricchisce di percezioni multisensoriali, di colori, rumori, odori. L’odore del ferro, insieme al suo rumore, i rumori e gli odori delle trasferte giornaliere sul treno, si mescolano agli odori sgradevoli dei passeggeri stipati sull’autobus: insieme, essi contribuiscono a separare, ad acuire la distanza tra Giulia e gli altri.

Ulteriori insiemi di percezioni provengono invece da zone più remote della memoria: sono le tonalità dell’azzurro e l’odore del mare di Sorrento, il rumore delle onde, lo scorrere della sabbia, le voci dei giochi di bambini, le risate e poi le grida degli scherzi di ragazzi, colori e odori dell’erba, il legno delle panchine, la pietra della fontana di un parco cittadino al centro di un episodio che segna una svolta nella vita di Giulia, oppure, ancora, il sapore acidulo dello stracchino e l’odore e il sapore del pane, pane e stracchino mangiato per strada, perché in casa della nonna paterna non è stato consentito neanche di fermarsi a mangiare.

Sono segni manifesti, queste percezioni, del percorso intrapreso per risalire all’origine, come esplicita quasi programmaticamente la citazione da Michel de Montaigne posta in esergo: «La nascita di tutte le cose è debole e tenera, e quindi dovremmo avere i nostri occhi dediti agli inizi».  Risalire all’origine riserva esiti imprevedibili e accettare l’imprevisto e l’imprevedibilità fa parte di un moto originario, tipico di Giulia, della sua spinta inesauribile, come dichiarato fin dal principio, a conoscere e capire. Il viaggio a ritroso nei ricordi, nei traumi, nelle ferite subite può mettere a nudo lacerazioni gravissime, avere un peso insopportabile. C’è una via d’uscita, allora? Il titolo Amen comincia a far luce su una reazione al viaggio rischioso e sofferto nel proprio passato.

Già nel capitolo “Bianca” l’io narrante chiarisce che ogni viaggio, dunque anche questo, anela all’approdo: «Ogni partenza racchiude in sé già una bramosia di arrivo, un’aspettativa di avventura che taglia via dalla vita il tran-tran di tutti i giorni» (p. 23).

Prima di giungere all’approdo, occorre cogliere e restituire immagini, percezioni e sensazioni non solo di paura e di dolore, ma anche di serenità nel gioco, di riconoscimento della prossimità nell’amicizia, di un piacere della scoperta che si riverserà sulle scelte professionali di Giulia.

È bene allora tornare indietro all’estate sulla collina, lungo la salita per rocce che schiudono monti e pendii, alla cattura e alla catalogazione delle farfalle, dalla cavolaia bianca al macaone, alla ricerca e al ritrovamento di cocci, di frammenti, di resti di suppellettili a Palestrina, presso il Tempio della Fortuna Primigenia.

Giulia deve attraversare ancora, a ritroso, le stanze, i corridoi, l’oratorio di quel convento che nella fanciullezza è stata la dimora sua e di suo fratello, pur se in ali separate; deve soffermarsi su quella sua Isola alla quale deve ciò che è diventata. È un luogo dell’anima, un’Isola taciturna e solitaria, piena di sogni di rivoluzione, nel segno del manifestante sconosciuto a piazza Tien an men, costellata di versi scritti di proprio pugno e dei testi e delle note delle canzoni, tessendo progetti, nutrendosene.

Per giungere all’approdo, alla pacificazione, a un perdono che è tornare a donare, occorre percorrere tutto il viaggio, soste, abbandoni, scontri, respingimenti compresi. Sarà lì che sarà compiuta l’accoglienza dell’io narrante da parte di Giulia, di Giulia da parte dell’io narrante.

Chiara Mutti, Amen. Prefazione di Marco Onofrio. Postfazione di Dante Maffia, EdiLet 2023

Anna Maria Curci

 

Chiara Mutti è nata a Roma il 3 gennaio 1964, vive a Tivoli e lavora al Ministero della Cultura in qualità di funzionario per le tecnologie. Ha pubblicato le raccolte poetiche La fanciulla muta, Scatola nera, tradotto nel 2018 in rumeno a cura di Simona Stancu per i tipi Editura Anomis, Archeologie del cielo, Terra d’ulivi editore, 2019. Di prossima pubblicazione la traduzione in francese di alcune poesie scelte, a cura di Auriane Sturbois, dal titolo Murmures per le collezioni bilingue RAZ Éditions. Ha inoltre pubblicato i Libri d’artista Costellazioni e Sussurri, per i tipi La_linea arte contemporanea, Roma, testo di Chiara Mutti e opere grafiche di Virginia Carbonelli. Come fotografa ha esposto alla “Galleria il Marzocco” di Roma, al “Lavatoio Contumaciale” di Tomaso Binga, Roma, e al FotoFilmFest di Bracciano (RM). Amen  è il suo quarto libro.