Affreschi strappati di Giuseppe Settanni

Recensione e scelta di poesie di Maurizio Rossi

 

È forte il contrasto nel titolo della raccolta: l’affresco evoca pazienza, cura, scelta dei colori, un fine positivo, anche quando l’immagine è drammatica o dolorosa. Lo strappare esprime un’azione comunque violenta, un portare via a forza e per un’intenzione diversa da chi stende l’affresco.

Del resto tutta la silloge è scrittura di forti contrasti, mentre affiorano, man mano che procede la lettura, la vita e la persona umana nella loro autenticità. Intendiamoci: non si scioglie il dubbio del “poeta fingitore” di Pessoa, ma la “finzione” sta nella scrittura poetica e nelle metafore, anche se queste e quella hanno nella raccolta indubbia immediatezza: “se potessi rinascere/ chiederei all’eternità/ di farmi morire/ prima di veder morire” La finitezza segnata dalla morte si confronta con il tempo infinito, dunque sembra evidente il senso: eppure l’Autore evoca simboli di grande potenza emotiva: rinascita, morte del sé e dell’altro/a, eternità, che rappresentano anche categorie di pensiero necessarie alla narrazione dell’esistenza e delle relazioni umane. “Li porto via/ per egoismo/…li attacco/ per avidità/…” Qui si esprime non solo desiderio di possesso o di autoaffermazione, ma soprattutto tensione a soddisfare un bisogno reale di concretezza che racconta la vita, la quotidianità e dunque un tempo presente, che nella ripetizione si tramuta nel futuro: tanto più che confessare avidità ed egoismo, nella società della finzione e dell’apparire. è un grande merito del Settanni.

Per l’Autore inoltre, il senso della perdita è una costante “…alcuni piedi si allontanano/ come il pane fatto in casa…” nella propria condizione di “restare” con un senso di autoconservazione che è comunque incertezza se non illusione. “Se solo fossi riuscito/ a scartare le scorie/ a tenermi gli abbracci” è un rimpianto che cela un discernimento tra ciò che è gesto e linguaggio di intimità e di comunicazione, e quello che è un di più, un appesantimento inutile; è un punto nodale della coscienza poetica e umana insieme: ciascuno di noi aggiunge ben poco al mondo “a questo mondo/ servo a poco…”

Eppure è molto questo “poco” : “decifrare qualche litote” – cioè rendere semplice l’immagine della comunicazione, senza il giudizio – “azzerare la malleabilità” – vale a dire imporsi coerenza e  docilità, senza cadere nell’eccesso opposto – “scomporre la mia umanità” – che dice individuare i diversi aspetti di sé che formano la complessità dell’Io, in poche parole accettare la “critica”  e insieme la “crisi”.

D’altronde Settanni compie la prima “s-composizione” proprio con la sua poesia: frammentata in versi brevi e in strofe altrettanto sintetiche, segnata da punteggiatura quasi assente, sta nella fedeltà del poeta all’uomo e viceversa, come nota nella postfazione Ilaria Triggiani, edificando una “cattedrale” che accoglie “pezzi timorosi di realtà”.

E la scomposizione è nel contempo un’analisi, senza che l’Autore decida la sintesi, che sarebbe impossibile del resto: “e alla composizione/ manca il pezzo al centro// da sempre”.

 

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li porto via

per egoismo

 

ho bisogno

ogni volta

di un pezzo timoroso

di realtà

 

può essere una cantilena

o un sacchetto di semi

o ancora del cotone

oppure il calco di uno stelo

 

li attacco

per avidità

 

nella mia cattedrale,

i miei affreschi strappati

 

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se faccio la conta

qualcuno manca sempre

e non posso prosciugarmi

per svanire tra le zolle

 

al vento rispondo

potevi farlo tu

 

no, sono il primo a non crederci

a non credermi

 

alcuni piedi si allontanano

come il pane fatto in casa

 

…………………………………..

 

se solo fossi riuscito

a scartare le scorie

e tenermi gli abbracci

 

a conservarne il calore

……………………………………

 

 

 

per cui

se volessi divagare

 

chiariamoci:

non proprio paura

è solo che

 

è vero,

tra le piante

ho imparato a fuggire

 

ma non so spiegarlo

 

esiste

per qualcuno

la fermata giusta?

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nessuno dice

che la trama sia in discesa

ma se alle scale togli i gradini

diventa snervante ogni sussulto

 

e la distanza era la stessa

quando ti spronavano a ferire

l’alba?

non ti hanno insegnato

che anche la polena

annega con la nave?

 

………………………..

a questo mondo

servo a poco

 

a decifrare qualche litote

a suddividere

ad azzerare la malleabilità

a scompaginare

le carestie del passato

 

devo ricordarmi

di scomporre la mia umanità

 

devo farlo

prima che sia troppo presto

 

Giuseppe Settanni, Affreschi strappati, Edizioni Ensemble srls, Roma, 2022

 

Giuseppe Settanni (San Giovanni Rotondo, 1981) vive a Fano. È avvocato e docente universitario. Ha pubblicato la raccolta poetica Blu (Ensemble, 2019) e vari testi su siti e blog letterari. Con alcune sue poesie ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il «Premio Ossi di seppia» e il «Premio Ariodante Marianni».