Un libro compatto quest’ultimo di Laura Ranieri che, dopo una lunga militanza nella poesia e nella prosa in lingua, approda in versi al dialetto, recuperando però temi e magistero della produzione precedente dove gli oggetti della memoria tornavano nell’estraneità del mondo attuale, segnato dall’esilio personale, e non solo, nella realtà sempre più disumana e disumanizzante della società italiana. Si produceva così anche il ritratto di una condizione storica comune, rifuggendo dalle secche della nostalgia. Era insomma, ed è anche ora, la lezione di Pasolini, declinata con una voce diversa. Il che dimostra, tra l’altro, come la Ranieri fosse e sia parte di un indirizzo significativo della nostra letteratura.
La scelta del dialetto risponde adesso alla necessità di un confronto aperto, finora sotterraneo ma non eluso.
Libro compatto nella corrispondenza tra contenuti e scelta dialettale e nella capacità di uniformarvi motivi e forme all’apparenza estranei.
Qualcuno potrebbe equivocare e inserire quest’opera nel filone del “come eravamo”, cioè nella poesia dell’esclusione, ma vera è piuttosto la definizione del vivere nell’esclusione, che è poi la registrazione di una esistenza al presente. Come un ossimoro che garantisce la validità del testo, sottraendolo al rischio di tanta poesia dialettale che si rifugia nel passato e rivela così una sterilità che la rende inattuale, in una scelta conservatrice, anche di una conservazione poetica.
Certo quell’orientamento è giustificabile, se si considera come il fenomeno della globalizzazione mette a repentaglio l’identità di ciascuno e induce per reaziona a vieti localismi.
Ma nel caso è il contrario della vitalità della poesia, del Belli, del Porta, o per tempi più prossimi, del Tessa, tutti testimoni della realtà contro l’inautentico.
Ma adesso che quella globalizzazione figura in crisi, anche per l’incapacità di rispondere alla citata esigenza di identità o almeno la situazione è più complessa, la tradizionale poesia dialettale è come rimasta in ritardo rispetto alla situazione. Per esempio, gli autori più consapevoli inseriscono ora l’espressione dialettale in una mistilingua, che dà una ragione più vera sull’esistente.
Laura Ranieri si confronta in questo testo con il suo dialetto della Bassa Padana in un modo particolare perché come si diceva, modi e scenari della sua poesia in lingua fanno la differenza.
Ma l’operazione si svolge spesso in forma implicita, per l’immersione nel dialetto, che è parte della questione. E qui risiede la ricchezza intrigante del testo.
Spiacerebbe, perciò, se la sua lettura fosse immersa nel calderone generico e confuso di un discorso persino inattuale.
Mancherebbe all’analisi del testo, ad esempio, la questione della versificazione, che rimanda alla scelta dell’autrice nella poesia in lingua. Non diversamente si eluderebbe la vecchia nominazione di luoghi e persone, strumento perché nella fisicità essi vivano nel presente.
Laura Rainieri, Adèss av cont / Adesso vi racconto, Ed. Cofine, 2024