Arturnê di Marino Monti

Recensione di Maria Lenti

 

L’ultimo libro di Marino Monti, Arturnê per La Mandragora, conferma l’ariosità del suo mondo poetico che, nel darsi come passato, apre alla sua costante nel presente come sentimento durevole di atmosfere, radici interiorizzate e, dunque, innervate nel proprio vivere. Il ricordo è pensiero diluito nei giorni reali, nei passi cadenzati sulla trama tessuta nell’anima e nel corpo, in cui colori e odori, persone e avvenimenti translati in parole-quadro sono tanto vividi da risultare vivi.

E il tempo, sì il tempo che spinge (la vita) ed esclude (dalla vita), viene declinato dal poeta forlivese nelle stagioni, nella notte e nella luce, nelle ore, nel mattino e nella sera, nei silenzi e nelle voci, nel vetro-specchio consapevole di “viaggio di sola andata”. In questo tratto, lungo e breve, nulla si perde: quell’arturnê appare, allora, nella veste di nostalgia e di desiderio in simbiosi.

Tale caratteristica è significata già nei titoli ( Arturnê, Artruvè l’ ânma, L’urlóz de’ témp, E’ viaz  dagl’ ôr, Insén, L’ ôra piò bëla, Un pinsir, Un sógn, …) e, va da sé, dai testi:

 

Arturnê

 

Arturnê

tra j udûr pirs

de mi grép,

tra filir

ch’i s’indurmênta

a la lus

de’ fê’ dla sera.

Udûr ad fén,

un savôr ad tëra

incontra a e’ zil.

La vója d’arturnê

a cla ca

’d sës ad fiôm

biânca

tra rèm d’avulân /

chi segna e’ cör.

(RitornareRitornare / tra gli odori perduti / dei miei greppi, / tra i filari / che si addormentano / alla luce / del fare della sera. // Odore di fieno, / un sapore di terra / incontro al cielo. / / Il desiderio di ritornare / a quella casa / di sassi di fiume / / bianca / tra i rami di avellano / che solcano il cuore.) (p. 80)

 

Int l’ ôra dla sera

 

Artoran

int la riva  de’ fiôm

par artruvè

le strê de’ mi viaz,

coma l’acva

cla còr a  e’ mêr.

In ste sintir

ad sës

la lôna  la lasa

vôs

ch’al s’arnôva

int l’ôra dla sera.

(Nell’ora della sera – Ritorno / sulla riva del fiume / per ritrovare / la strada del mio viaggio, / come l’acqua / che corre al mare. // In questo sentiero / di sassi / la luna lascia / voci / che ritornano / nell’ora della sera.) p. 91.   

 

Solo esempi. Perché trascegliere può apparire un troncamento in questa raccolta omogenea, armoniosa, in cui, riprendo, nostalgia e desiderio, i sentimenti del tempo, si danno senza intervallo tra di loro, dialogano, interagiscono riproponendosi e reiterandosi.

Così, non il recupero del perduto quanto il suo esserci nel dentro del poeta. La spia di ciò nel verbo al presente indicativo in ogni poesia: “Al mi radis / agl’è a cvé…” (Le mie radici / sono qui…,  p. 33); “… vôs persi / al ciacara / int i sógn. / Tra al paröl / ómbri / al da lus / a la fiâma.” (…Voci perdute / parlano nei sogni. // Tra quelle parole / ombre / che danno luce / alla fiamma. p. 59); “Cörd ch’l’i m’ liga…” (Corde che mi legano…, p. 88); “…al ciapa vigor / al parôl…” (si accendono le parole, p. 81).

Voce, quella di Marino Monti, di un dialogo sommesso con le ombre, con un sé di profondità, di echi e di adesioni sentimentali. Il resto, il chiasso, i rumori della quotidianità restano fuori dal cerchio della intensità del vivere.

Esiste sì, quel fuori, ma non viene a turbare il dentro ricco di sensazioni scremate, costitutive della vicenda umana, ricco di legami nutritivi. Per questo i versi sono brevi, centellinati quasi, di lessemi essenziali a poche sillabe.

Alla fine della poesia e della raccolta emerge un risvolto di una interiorità nitida di incontri, succhi di vissuto, valori: non mere testimonianze del “non più” quanto gradino del possibile e dell’auspicabile.

Lo rileva, con altre espressioni e addentellati di contenuto e di espansione, il prefatore, Pierluigi Moressa. In diversa connotazione l’hanno sottolineato altri recensori delle sue raccolte (E’ bat l’ora de’ temp, A l’ombra di dé, L’âmna dla tëra, Int e’ rispir dla sera, Stasón, Int e’ zét dal mi calér, La vôs de’ vent), i critici della bella (nel senso più pieno) poesia di Marino Monti. E, lo rivelano ancora una volta, i versi limpidi di questo Arturnê.

Marino Monti, Arturnê, Prefazione di Pierluigi Moressa, Imola, La Mandragora 2021, pp. 118